Sebbene in Italia il trend positivo dell’occupazione femminile dell’ultimo anno sia pari all’1,4%, questo ancora non ci fa onore, né rende giustizia a tutte quelle donne che, nell’ambito di un ambiente lavorativo meritocratico, occuperebbero posti di elevata responsabilità all’interno delle aziende.
Se nell’ultimo decennio le donne hanno contribuito in tutta Europa alla crescita globale, in Italia questo non è propriamente accaduto. Il bel paese, si sa, è ancorato a tradizioni e, per molti aspetti, a modus vivendi arcaici e retrogradi; non è un caso, infatti, che tra i paesi membri dell’ UE, l’Italia si trovi tra gli ultimi posti per l’occupazione femminile, avanti solo alla Bulgaria e alla Romania.
Per il prototipo di maschio italiano, farsi rubare la poltrona da una donna sarebbe ancor più disonorevole che se il suo antagonista fosse un uomo, a maggior ragione se lo stereotipo di donna è ancora legato a oggetto del desiderio – grazie all’aiuto considerevole e quotidiano dei media. La donna, nonostante “la parità” raggiunta, risulta essere ancora per troppi, fuori luogo in alto alla piramide dell’organico aziendale.
Sebbene il potenziale rosa sia ancora fortemente incompreso, o forse temuto, ci sono organi che mirano al vero raggiungimento delle pari opportunità, proprio sul modello di quei paesi dell’Europa del Nord, come Islanda, Norvegia e Finlandia.
Così cita la Relazione sulla parità tra donne e uomini (2009), della Commissione Europea: «L’elevato livello di istruzione delle donne non si rispecchia direttamente nei posti che esse occupano nel mercato del lavoro, dove trovano limitazioni in termini di evoluzione della carriera, di retribuzione e di diritti al pensionamento. Il numero di donne che occupano funzioni direttive è relativamente scarso». Come è possibile quindi, che un numero nettamente maggiore di donne laureate rispetto agli uomini, venga poi stravolto nel mondo lavorativo?
In molti paesi, come ad esempio la Norvegia (in testa con il 41% di donne manager), le famiglie sono agevolate grazie al potenziamento di iniziative dedicate, come asili nido e incentivi per la maternità, ma non basta, la rivoluzione avviene anche sul posto di lavoro. La flessibilità sul lavoro permette infatti di conciliare i doveri di genitore, e non solo della donna, con quelli lavorativi, mantenendo quindi sempre alta la performance.
A tal fine l’UE insiste sullo sviluppo del lavoro femminile sottolineando l’importanza di alcuni punti:
- conciliare vita familiare e vita professionale, soprattutto grazie alla ripartizione delle responsabilità parentali e alla diffusione dei servizi di custodia dei bambini;
- contrastare gli stereotipi legati al sesso, attraverso azioni di sensibilizzazione e mediante il ruolo dei mezzi di comunicazione;
- fare crescere in tutti i modi la partecipazione delle donne ai posti direttivi e la loro rappresentanza nei processi elettorali;
- sensibilizzare l’opinione pubblica e migliorare la comprensione delle problematiche in materia di parità tra le donne e gli uomini, a tutti i livelli della società.