In Italia la retribuzione media dei direttori delle risorse umane si aggira sui 120mila euro lordi su base annua. Questo dato è emerso da un’indagine retributiva effettuata, su un campione di 66 aziende medio-grandi, dal Gruppo intersettoriale direttori del personale (G.I.D.P.) in collaborazione con Towers Watson, società leader nel settore della consulenza direzionale e organizzativa.
Il dato è costituito da una base lorda di 104.483 euro al quale va sommato una variabile del 20% legato al raggiungimento degli obiettivi nel medio e lungo termine. Secondo i risultati della ricerca la maggioranza dei direttori delle risorse umane ha a disposizione auto aziendale (80%), un rimborso delle spese mediche (81%), assicurazione sulla vita (75%) e anche sull’invalidità (69%), un trattamento, dunque, che non si direbbe disagiato rispetto ad altri settori aziendali.
I dati però cambiano quando si prendono in considerazione profili collocati subito al di sotto della direzione, infatti, oltre a calare notevolmente i benefit, diminuisce anche la retribuzione annua dei manager. Per quanto riguarda l’hr business partner, la retribuzione annua si aggira intorno ai 68.345 euro, a cui va poi sommato un bonus variabile del 15%, mentre per l’amministrazione del personale il dato medio è di 60.109 euro più il 13%. Su un piano ancora inferiore si piazza invece il responsabile del personale con uno stipendio medio di 43.080 euro e una variabile pari all’8%.
Secondo Edoardo Cesarini, talent & rewards country leader di Towers Watson, sembra che “la direzione Hr abbia colmato il gap retributivo rispetto ai colleghi, di pari seniority e livello organizzativo e contrattuale, delle altre direzioni di vertice in qualsiasi contesto aziendale”, parere condiviso anche dal presidente di G.I.D.P., Paolo Citterio, il quale sottolinea che “la retribuzione per il direttore del personale è ormai inferiore solo a quella del direttore vendite“.
Questi dati non rimangono inalterati nel settore anzi crollano se si prendono in esame realtà aziendali più piccole o a conduzione familiare, molto più diffuse nel nostro Paese rispetto all’estero, dove i manager hanno una minore incidenza rispetto all’amministratore.