Cybercrime: inasprite sanzioni penali

di Noemi Ricci

Pubblicato 7 Marzo 2008
Aggiornato 18 Ottobre 2013 16:53

Giro di vite contro i crimini informatici: approvata in Senato la legge che sanziona in maniera più severa e completa tali reati, anche a carico di società

Approvato in Senato il Disegno di legge, già approvato dalla Camera dei
Deputati, contro i cosidddetti Cybercrime, procedimento che innalza il livello di guardia nei confronti dei reati informatici prevedendo sanzioni penali più complete e severe.

Il nuovo testo illustra in dettaglio le sanzioni per i cyber-illeciti, anche per le società. Tra queste, anche il congelamento dei dati del traffico telematico (che non deve superare i 90 giorni).

Il provvedimento rappresenta una Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, siglata a Budapest il 23 novembre 2001, e delle norme di adeguamento dell’ordinamento interno.

Queste ultime rientrano in un quadro più ampio di leggi mirate a settori specifici, ad esempio contro la pirateria informatica (Legge 18 agosto 2000, n. 248), a garanzia dei dati personali (Legge 31 dicembre 1996, n. 675), contro la detenzione, lo scambio e il commercio di materiale pedopornografico in rete (legge 3 agosto 1998, n. 269), estendendo a questo tipo di fenomeni l’ambito di applicazione delle norme incriminatici presenti nella legge n. 269 del 1998 (legge 6 febbraio 2006, n. 38).

Tra le novità introdotte nella Legge, la nuova figura di truffa ovvero il certificatore di firma elettronica che trae vantaggio o profitto proprio o altrui, o comunque procura danno, violando le regole del codice dell’amministrazione digitale. Una disposizione più mirata allo specifico reato, rispetto a quelle presenti nell’articolo 640-ter del Codice penale in cui venivano già incriminate le frodi informatiche.

Il decreto legislativo 231 inasprisce le sanzioni nei riguardi delle società che si rendono colpevoli di reati informatici, da parte di un proprio dipendente. Per crimini di questo tipo si può arrivare a misure pecuniarie fino a 500 quote, con l’aggiunta nei casi più gravi di pene aggiuntive della sanzione interdittiva.