L’arbitrato telematico

di Rocco Gianluca Massa

12 Ottobre 2007 09:00

Uno strumento di risoluzione delle controversie, veloce e al passo con l'innovazione tecnologica, sia in ambito nazionale che comunitario

Internet è senza dubbio un’importante vetrina per le imprese, piccole o medie, che intendono concludere affari ed instaurare partnership commerciali, ma tale prospettiva al contempo presenta sempre più spesso scenari e problematiche difficilmente percorribili dalle stesse aziende. Emblema di ciò sono ad esempio le controversie nascenti da rapporti commerciali intrapresi da queste ultime, contenziosi che, se affrontati innanzi ad un Giudice di Pace o ad un Tribunale, richiedono per la definizione una tempistica non adeguata alle esigenze imprenditoriali dei soggetti coinvolti.

In tale ottica le imprese sono sempre più orientate a ricercare soluzioni “alternative” alla giustizia ordinaria, strumenti di risoluzione delle controversie caratterizzati da:

  • una maggiore snellezza procedurale,
  • rapidità decisoria,
  • economicità.

Uno di questi è senza dubbio l’arbitrato, un istituto alternativo alla giustizia ordinaria di cui due o più parti (legate ad esempio da una relazione commerciale) si avvalgono per risolvere un conflitto, presente o futuro, affidando la decisione della controversia ad un terzo privato -l’arbitro- diverso dal giudice statale.

L’arbitrato rientra tra gli A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), strumenti di risoluzione delle controversie particolarmente capillarizzati ed affermati all’estero ed ancora in fase di crescita e diffusione in Italia. L’istituto sebbene sia stato negli anni oggetto di ripetuti interventi da parte del legislatore italiano, è principalmente regolamentato dal codice di procedura civile; al riguardo è doveroso il richiamo al d.lgs. 2 febbraio 2006 n.40 che ne ha riformato profondamente la disciplina e ricostruito i rapporti fra autorità giudiziaria ed arbitri in termini di competenza.

L’arbitrato tuttavia non è riconducibile ad una singola tipologia; una iniziale distinzione va fatta tra arbitrato rituale ed irrituale (o libero); il primo, a cui si riferisce in generale la normativa di cui agli artt.806 e ss. del c.p.c., è diretto all’emanazione di un atto -il lodo rituale- avente efficacia di sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria. L’arbitrato irrituale, richiamato in particolare dagli artt. 412 ter, 412 quater e 808 ter c.p.c. e particolarmente diffuso nel commercio internazionale, diversamente, è diretto all’emanazione di un lodo (c.d. contrattuale) avente natura ed efficacia negoziale tra le parti, riconoscendo all’arbitro il ruolo di “sostituto” delle parti nel definire gli aspetti di un determinato negozio giuridico.

È importante osservare come per il nostro c.p.c. la disciplina sull’arbitrato rituale costituisca la regola; ne consegue che qualora le parti non dovessero riconoscere espressamente al lodo un valore ed un’efficacia negoziale, precisando per iscritto che la controversia venga definita mediante “determinazione contrattuale”, l’arbitrato verrà considerato come rituale, applicandosi così la disciplina generale prevista per quest’ultimo.

In merito alla materia sottoponibile alla decisione di un arbitro, si evidenzia come non sia limitata solo all’ambito civile e commerciale, non precludendo il nostro ordinamento l’applicabilità dell’istituto anche ai conflitti in materia di lavoro, di previdenza ed assistenza e ponendo all’art. 806 c.p.c. -quale limite per avvalersi dell’arbitrato- che le controversie non abbiano ad oggetto diritti indisponibili per le parti.

È anche vero, tuttavia, che a fianco alle due tipologie principalmente riconosciute dal nostro legislatore se ne vadano affermando altre maggiormente svincolate dalla disciplina del codice di procedura civile. È il caso dell’arbitrato amministrato, rinvio previsto dall’art. 832 c.p.c., in cui è un un ente o istituzione arbitrale (ad es. la Camera Arbitrale di Milano) a regolamentare e garantire il corretto svolgimento della procedura, o all’arbitrato ad hoc in cui la disciplina procedurale è stabilita dalle parti senza richiamare alcuna regolamentazione istituzionale, non mancando ad ogni modo ulteriori “sottovarianti” in cui all’arbitro è riconosciuto il potere di decidere secondo norme di diritto o meri criteri equitativi.

Tornando alla disciplina generale dell’arbitrato, l’incipit della procedura è caratterizzato dalla previsione del deferimento all’arbitro di una o più controversie nascenti da un determinato contratto; tale previsione secondo gli artt.807 e 808 c.p.c. può essere fatta mediante un accordo scritto -ad substantiam- concluso tra le parti (c.d. compromesso) o un’apposita clausola (c.d. compromissoria) inserita nel contratto originario o in atto separato purchè risulti per iscritto. È importante notare come quest’ultima sia caratterizzata da una propria autonomia ed ultrattività rispetto alle normali clausole contrattuali ed allo stesso contratto in cui è inserita. Pertanto nell’ipotesi in cui dovessero sorgere cause di invalidità del contratto di cui essa è parte, la stessa non ne verrebbe inficiata, sopravvivendo di conseguenza la previsione arbitrale cui sottende.

Il d.lgs. n.40 del 2006 ha raggruppato entrambe le previsioni sotto l’espressione di convenzioni arbitrali, considerando come “forma scritta” la volontà delle parti espressa tramite telegrafo, telescrivente, fax ed email purchè ciò avvenga secondo quanto previsto dal legislatore in materia di invio e ricezione di documenti teletrasmessi.

La designazione del soggetto a cui deferire la controversia e della sede dell’arbitrato è fatta mediante le suddette convenzioni, a tal fine l’art.809 c.p.c. prevede che il numero di arbitri possa essere anche superiore ad uno (si parla in tal caso di collegio), purchè dispari. In mancanza di accordi tra le parti sul numero, la nomina e la sede dell’arbitrato si procede secondo quanto prevedono gli artt.809 e ss. c.p.c. Norme, tra l’altro, che disciplinano anche i diritti, le responsabilità, le ipotesi di ricusazione degli arbitri ed i poteri di cui dispongono.

Il procedimento, fondato sul principio del contraddittorio, si svolge secondo quanto previsto dalle parti nelle convenzioni arbitrali o dell’eventuale regolamento a cui rinviano; in mancanza l’articolazione del giudizio è affidata all’arbitro singolo o al collegio designato. Da un analisi della normativa emergono alcuni caratteri comuni alle disposizioni che disciplinano il procedimento ordinario di cognizione innanzi all’autorità giudiziaria, in particolar modo per quanto concerne l’istruzione probatoria, con possibilità per l’arbitro di procedere all’assunzione della prova testimoniale, qualora il teste si rifiutasse di comparire persino di ordinarne la comparizione (sebbene tramite il presidente del tribunale competente) e di farsi assistere da un consulente tecnico ai fini istruttori. Per un quadro completo degli aspetti tecnico-procedurali ed al fine di meglio comprendere i profili di litispendenza e competenza tra arbitrato ed autorità giudiziaria si rinvia il lettore agli artt.816-bis e ss. c.p.c.

Emblema dell’istituto arbitrale è il lodo, che, come anticipato, è un atto decisorio redatto per iscritto, emesso al termine del procedimento e con cui l’arbitro o il collegio si pronuncia sulla questione deferitagli. Salvo diversi accordi tra le parti il lodo deve essere emesso entro 240 giorni dall’accettazione della nomina da parte dell’arbitro (termine prorogabile ai fini probatori e nei casi previsti dal c.p.c.) e comunicato successivamente a ciascuna delle parti coinvolte nella controversia.

Per ciò che concerne l’efficacia, il lodo dal momento in cui è sottoscritto dal singolo o da tutti i membri del collegio (a seconda del numero di arbitri designati) è riconosciuto dal nostro ordinamento al pari di una sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, la cui esecutività è subordinata al deposito presso la cancelleria del tribunale nel cui circondario è posta la sede dell’arbitrato ed al relativo decreto da questo emesso ed è comunque soggetto a correzione (ex art.826 c.p.c) e ad impugnazione ai sensi degli artt.827 e ss. c.p.c.

Abbiamo quindi visto in cosa consiste l’arbitrato come tipologia di A.D.R., il relativo procedimento ed il raffronto -in termini decisori- con la giurisdizione ordinaria. Senza dubbio siamo di fronte ad un istituto che si evolverà ed articolerà ulteriormente in futuro in base alla materia, alle parti ed agli interessi coinvolti nelle controversie. In quest’ottica meritevole di menzione è l’abitrato societario disciplinato dal d.lgs. n.5 del 2003; un istituto che disciplina le controversie nascenti nel suddetto campo e con peculiarità proprie rispetto allla figura arbitrale innanzi vista.

L’evoluzione dell’ICT e la transnazionalità della Rete, tuttavia, spingono sempre più le imprese ad investire all’estero, a ricorrere quotidianamente a forme di contrattazione telematica che per la loro ‘immediatezza’ (si pensi agli acquisti tramite carrello virtuale ove la selezione degli articoli e l’accettazione delle condizioni contrattuali è affidata ad un semplice segno di ‘spunta’) e transnazionalità pongono non pochi problemi quando tra le parti ne scaturisca una controversia; le O.D.R. (On line Dispute Resolution) quali strumenti virtuali di risoluzione delle controversie rappresentano di sicuro il futuro per aziende e consumatori che investono nell’e-commerce. Prospettiva tra l’altro incoraggiata anche dal legislatore comunitario nella direttiva 2000/31/CE.

Si sente quindi sempre più spesso parlare di arbitrato telematico, la cui disciplina a fianco a quella tradizionale ed ai regolamenti degli istituti ed enti arbitrali verrebbe affiancata, tra gli altri, dal D.Lgs.n.82 del 2005 e dal D.P.R. n.68 del 2005, e di conciliazione on line (altro tipo di A.D.R. particolarmente diffuso in Italia). Entrambi strumenti particolarmente usati per dirimere controversie nate in Rete o scaturite da transazioni on line e di gran lunga preferiti quando la distanza tra le parti sia tale da rendere antieconomico il ricorso agli A.D.R. fisici.

Concludendo, da quanto visto emerge un quadro positivo e vantaggioso dell’istituto arbitrale, che spiega ulteriormente i propri vantaggi nel commercio internazionale (si pensi all’Euroarbitrato del GEIE-ENDR – Rete Europea per la Risoluzione delle Controversie ed alle convenzioni internazionali vigenti in materia) e che si distingue rispetto alla giurisdizione ordinaria per speditezza ed economicità. Non è da escludere tuttavia la presenza di “svantaggi” rispetto a quest’ultima legati ora ai costi non sempre esigui, ora ad aspetti procedurali, ora alla presenza di più parti nelle convenzioni arbitrali. Proprio quest’ultima circostanza ad es. può diventare problematica richiedendo un’uniformità di condotte degli interessati sia nel ricorso che nella nomina degli arbitri, in assenza delle quali il procedimento verrebbe compromesso sul piano della rapidità ed imparzialità rispetto ad un procedimento innanzi all’autorità giudiziaria.