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Agevolazioni fiscali per laureati italiani all’estero: oltre al danno la beffa

di Nicola Santangelo

Pubblicato 25 Gennaio 2011
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

Costringere i laureati a lasciare l’Italia e poi provare a lusingarli per farli rientrare. E’ questa l’imbarazzante politica adottata dalla legislazione italiana che prende nome di legge per il rientro dei cervelli.

Come se quasi fosse un obbligo rimanere sentimentalmente legati all’Italia anche quando si assume la decisione, ancorché difficile, di mollare tutto e crearsi un futuro altrove, in Paesi in cui è più facile costruire un futuro e magari nei quali l'imposizione fiscale non è così vessatoria come può esserlo in Italia.

Poi un bel giorno spunta la notizia che i laureati che scelgono di rientrare in Italia per avviare un’attività  d'impresa, un lavoro autonomo o per diventare semplici dipendenti possono ottenere uno sconto fiscale e ci aspetta che tutti accolgano la proposta, quasi come se non stessero aspettando altro che tornare in Italia.

Cosa otterranno in cambio i cervelli italiani all’estero? Quelli degli uomini avranno uno sconto fiscale del 30% della base imponibile mentre per quello delle donne lo sconto si arresterà  al 20%. Come se le donne avessero un talento meno sviluppato o risultassero allo stato italiano meno utili degli uomini. E poi ci vengono a parlare di parità  dei sessi! Ma le lusinghe non si fermano qui, poiché lo sconto fiscale durerà  fino al 31 dicembre 2013. Anche le Regioni, ove possibile, sono chiamate a offrire un loro contributo attraverso la destinazione di una quota di alloggi di edilizia residenziale pubblica per almeno 24 mesi.

Per tutto questo, misto a un elevato senso di patriottismo, i laureati italiani fino a 40 anni di età  che hanno deciso di trovare fortuna all'estero dovrebbero tornare in Italia ossia dovranno distruggere ciò che hanno saputo costruire con elevati sacrifici: stipendi, carriere e opportunità  professionali.

Attenzione però, perché il Fisco diffida chi non riuscirà  ad avviare un'attività  d'impresa o a diventare dipendente ovvero a chi non trasferirà  il proprio domicilio in Italia entro tre mesi e per almeno cinque anni. E se il laureato non riesce a trovare una valida opportunità  in Italia e sceglie di ritornare all'estero? Peggio per lui, perché se tale scelta dovesse essere assunta prima che siano decorsi i cinque anni perderà  il diritto allo sconto fiscale e dovrà  restituire le somme percepite maggiorate di interessi e sanzioni.

Tutto ciò è veramente imbarazzante. Ci si chiede perché il governo italiano non tenta di limitare l’emorragia di cervelli con norme che agevolano realmente l'inserimento nel mondo del lavoro dei laureati piuttosto che richiamare in Italia chi ha già  investito in uno stato estero ed è stato in grado di crearsi un futuro?