Rivalutazione TFR: 1500 euro in più a dipendente

di Teresa Barone

Pubblicato 17 Ottobre 2023
Aggiornato 15:47

Rivalutazione del TFR particolarmente salata nel 2023: le aziende spenderanno in più migliaia di euro, soprattutto nelle PMI del Mezzogiorno.

L’inflazione sta incidendo  anche sulla rivalutazione del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) accantonato nelle casse delle imprese, che nel 2023 potrebbero versare una media di 1.500 in più a dipendente, generando un extracosto stimato a 6 miliardi di euro.

Sono previsioni messe a punto dall’Ufficio studi della CGIA, che ricorda come la maggior parte dei dipendenti delle PMI decida di lasciare il TFR in azienda.

Come funiona la rivalutazione del TFR

Ogni anno l’ammontare del trattamento accantonato viene rivalutato all’inflazione. Per calcolare la rivalutazione annua del TFR si applica alla somma degli accantonamenti (esclusi quelli in corso d’anno), un tasso fisso dell’1,5% più il 75% dell’aumento dell’inflazione rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Per il 2022 il tasso di rivalutazione è stato del 9,974576%.

Per aziende con almeno 50 dipendenti l’onere rimane a carico INPS, al di sotto di tale soglia resta invece in capo all’azienda.

Rivalutazione TFR: a quanto ammonta

La rivalutazione del TFR di un lavoratore che lavora da 5 anni presso la stessa azienda con meno di 50 dipendenti, quindi, genera nel bilancio 2023 un incremento dei costi pari a 593 euro rispetto. Con anzianità lavorativa di 10 anni, l’aggravio è di 1.375 euro.

La somma da destinare alla rivalutazione delle quote di accantonamento del TFR sale fino a 2.003 euro se gli anni di servizio sono 15, che diventa 2.594 euro per dipendenti in azienda da 20 anni.

TFR in azienda: quasi tutti nelle PMI

In genere, i  dipendenti delle piccole imprese hanno un’anzianità di servizio inferiore rispetto a quelli delle grandi aziende.  Di contro, nelle piccole realtà sono in pochissimi ad aver destinato il TFR ai fondi pensione: quasi tutti lo lasciano in azienda.

La maggior parte dei 6,5 milioni di dipendenti di imprese con meno di 50 addetti compie questa scelta.

Sempre secondo la CGIA, a essere maggiormente penalizzate dalla rivalutazione delle liquidazioni sono le piccole imprese del Sud, dove è più elevata la presenza di imprese con meno di 50 addetti.