Innovare (anche i processi) per non morire!

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 28 Aprile 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:37

Mala tempora currunt: è un dato di fatto che, con qualsiasi nome la si voglia chiamare, l’attuale fase economica si traduce in un peso che grava su ogni attività  produttiva del nostro e di altri Paesi.
Ma è anche convinzione comune che, indipendentemente dal momento che il mercato attraversa, aziende e imprenditori non possono adagiarsi sugli allori, guardando soltanto alle quote di mercato conquistate, né può limitarsi a focalizzare solo sui prodotti che hanno permesso di acquisirle.

La parola d’ordine è innovare. Innovazione, però, significa fatica, sacrificio e, soprattutto, rischio. Ed è per questi motivi che molti sono restii ad avventurarsi in questi territori infidi alla ricerca di una Eldorado che potrebbe rivelarsi inesistente.

I passi per muoversi agilmente attraverso i passaggi che permettono di avviare un ciclo di innovazione sono noti: si va dall’ideazione alla realizzazione di qualcosa, sia esso un prodotto o un servizio. È questo quel che normalmente si intende quando si parla di innovazione: un nuovo prodotto o servizio, insomma qualcosa che nessuno ha pensato prima.
Tuttavia, il concetto di innovazione va inteso anche in modo più ampio, e deve essere promosso dal management aziendale, come già  scritto in un recente articolo. Anche il processo produttivo – ovvero le modalità  organizzative e di comunicazione di un’azienda – può e deve essere soggetto ad evoluzione.

Molte realtà  imprenditoriali, soprattutto quelle piccole, operano nello stesso modo in cui sono nate, guardando con sospetto a chiunque proponga di rivedere anche solo il modo di “gestire” il rapporto con i clienti, in modo da avere un approccio proattivo nella fase di comunicare.

Basta poco per rendersi conto del modo di operare di un’azienda: è sufficiente fare qualche domanda alla segretaria per scoprire che la rubrica è quella disponibile sul client di posta o, peggio, su un foglio di calcolo, che ordini, fatture e disponibilità  sono su canali distinti che non comunicano tra loro; che lo stato di evasione degli ordini o della fatturazione e dei pagamenti si basano sul passaparola interno, sulle lamentazioni dei clienti o sulle segnalazioni del commercialista in fase di redazione del bilancio.

In queste aziende l’informatica è un qualcosa che ha permesso di avere una macchina da scrivere più evoluta, uno strumento che ha consentito di eliminare dalla cancelleria (ma non sempre) la boccettina del correttore.
Mentre invece l’innovazione di prodotto comporta l’adozione di un rischio non quantificabile fino al momento del lancio sul mercato, quando i risultati sono perfettamente misurabili e monetizzabili.

L’innovazione di processo ha un costo ben definito in fase di adozione ma difficilmente misurabili sono i benefici ottenuti.

Che sia questo l’aspetto da affrontare per smuovere le Pmi verso un’innovazione di processo? Si tratti di processo o di prodotto, l’innovazione è condizione necessaria per restare sul mercato ed i due aspetti non possono essere scissi.
L’innovazione è un fattore di crescita irrinunciabile e lo si può intuire vedendo la disponibilità  di finanziamenti, corsi e bandi che, a vario titolo, sono continuamente messi a disposizione da vari enti, come la Camera di Commercio di Milano o quella di Verona, che hanno realizzato un apposito sito per l’innovazione.