Business Angels che finanziano l’impresa

di Ermanno Cece

Pubblicato 15 Aprile 2013
Aggiornato 5 Giugno 2017 09:39

In Italia cresce l'importanza dei Business Angels, soggetti privati che investono capitali in nuove start-up innovative e imprese, quasi sempre hi-tech.

Innovazione, sviluppo, occupazione e conoscenza: sono i fattori che in un sistema economico sostengono la creazione di nuove imprese, sia essa in fase di start-up o early stage. D’altra parte, se avviare un’impresa può essere relativamente semplice, più problematico risulta la permanenza sul mercato. Tra i vari ostacoli, la mancanza di risorse.

Questo è uno degli aspetti critici da risolvere al fine di traghettare un’azienda dalla fase di avvio allo stadio successivo, caratterizzato da una maggiore solidità da raggiungere attraverso la generazione di cicli virtuosi di auto-finanziamento. In questo contesto, di per sé già complicato, StartupPMI innovative, impegnate a sviluppare nuove tecnologie o sfruttare quelle esistenti per creare nuovi prodotti, servizi e processi, necessitano di un supporto economico per farcela.

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Al pari delle banche, anche i venture capitalist – operatori che professionalmente apportano capitali di rischio e conoscenze per creare valore a medio/lungo termine nella società in cui decidono di investire – riscontrano oggettive difficoltà finanziarie a fornire il cosiddetto Seed e Start Up Capital nella fase antecedente o di avviamento d’impresa vero e proprio.
Questo, a causa degli elevati costi informativi e gestionali, non compensati da adeguati capital gain.

Per ovviare alla mancanza di capitali in questa fase delicata della vita dell’impresa, si può ricorrere ai cosiddetti Business Angels, investitori informali che apportano il proprio capitale ad una o più start-up con forte potenziale di crescita, diventandone azionisti ed assumendone una diretta responsabilità. Oltre ai capitali, gli angeli finanziatori mettono a disposizione dell’impresa anche la loro esperienza manageriale e la loro rete di contatti.

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Il fine ultimo, come nel caso del venture capitalist, è quello di monetizzare, entro un arco temporale di medio periodo (dai 3 ai 5 anni), una significativa plusvalenza al momento dell’uscita dalla compagine societaria.