Economia del Riuso: il mercato italiano

di Carlo Lavalle

9 Marzo 2010 10:00

Il mercato del riuso in Italia è un business di nicchia: in forte espansione e dalle grandi potenzialità, è ancora carente di un modello organizzativo in grado di valorizzare la filiera e rafforzarne la catena del valore

Il riuso non industriale è utile all’Ambiente ma anche all’economia. L’Unione Europea ha chiarito nella direttiva 2008/98 (subentrata alla 2006/12/CE, 75/439/CEE e 91/689/CE) che «il riutilizzo e il riciclaggio dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energetica dei rifiuti», in quanto rappresentano la migliore opzione ecologica.

In base alla normativa comunitaria che gli Stati membri dovranno attuare, si definisce riutilizzo qualsiasi operazione attraverso cui prodotti o componenti che non sono rifiuti sono «reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti».

Nella “gerarchia dei rifiuti” (2008/98/UE, art. 4) si stabilisce un ordine di priorità che individua nella prevenzione e preparazione per il riutilizzo le due attività preminenti nella scala gerarchica predisposta. Seguono riciclaggio, recupero e smaltimento.

Prevenzione sta per «misure prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto« mentre preparazione per il riutilizzo significa «operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento».

Il riutilizzo consente l’estensione della vita di un bene conservandone la funzione d’uso. Gli operatori in questo ambito intervengono impedendo che si trasformi in rifiuto prima della sua obsolescenza naturale. Con il riuso si ottiene una riduzione dei consumi di materie prime, oltre che una diminuzione dell’impatto negativo su ambiente e salute.

Come Stato membro della UE, l’Italia è chiamata ad adottare misure necessarie a favorire la costituzione e il sostegno di reti di riutilizzo e riparazione, il ricorso a strumenti economici, a criteri per l’aggiudicazione degli appalti nonché la determinazione di obiettivi quantitativi.

Inoltre, posta l’istituzione della raccolta differenziata entro il 2015 (per carta, vetro, plastica e metalli), deve impegnarsi affinché entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti domestici venga aumentata almeno del 50% in termini di peso.

Ancora: entro il 2020 riutilizzo e riciclaggio di altri materiali di recupero (comprese le operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali) e di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, dovranno avere un incremento di almeno il 70% in termini di peso.

I prodotti riusabili

Il sistema economico attuale è caratterizzato da un abnorme flusso di materiali anticipatamente scartati, soprattutto nell’ambito dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU), appartenenti a differenti categorie merceologiche (mobili, cartaceo, supporti musicali ecc.) e classificabili in base al loro stato di conservazione (buono: merci fornite di valore di mercato senza bisogno di intervento; medio: suscettibili di essere riparate e restaurate; cattivo: irreparabili ma che possono servire come componenti per altri pezzi; pessimo: compromesse non più riutilizzabili).

Secondo una studio 2008 del centro di ricerca Occhio del Riciclone, presso la sola area del Comune di Roma la quantità minima giornaliera di oggetti riusabili è di circa 90.000 pezzi. Su base annua equivale a circa 33 milioni di beni riusabili, cui è attribuibile un valore economico.

In rapporto ai volumi conferiti, la maggiore concentrazione di merci riusabili è è nell’isola ecologica, o centro di smistamento intermedio. Secondo i dati raccolti a Roma, circa il 20% dei materiali ivi conferiti può essere destinato direttamente, ossia senza necessità di alcun intervento, agli operatori dell’usato. Più in generale, si stima che il potenziale di riuso degli scarti conferiti alle piattaforme ecologiche rappresenti una percentuale intorno al 40-60%.

Ogni ecocentro riceve in dote un patrimonio economico valutabile dai 600 agli 800mila euro all’anno. Un’organizzazione ancor più efficiente permetterebbe di far rifluire sul mercato, a partire dal settore dell ‘ ingrosso, un’importante quota di beni riallocabili e riutillizzabili attraverso il circuito della distribuzione.

Mercato dell’usato

Nonostante l’assenza di un’organizzazione strutturata e di un modello di integrazione tra le varie componenti dell’economia del riuso, è possibile constatare quanto sia vitale e in crescita questo settore, e quanto spazio vi sia per una sua migliore valorizzazione.

Secondo i dati 2006 della Camera di Commercio, in Italia sono presenti un pò meno di 4.000 mercatini dell’usato, un comparto che impiega figure professionali diversi ai vari livelli della catena.

Questo canale, stando ai dati raccolti da Gianni Perbellini, presidente della Mercatino srl, rimette in circolo un quantitativo ragguardevole di beni di seconda mano che nel 55% dei casi sono in buone condizioni, cioè riutilizzabili.

Tra il 2004 e il 2009 il comparto del commercio dell’usato ha registrato un incremento di attività del 35,1%. Nel 2008 il volume d’affari ha toccato la cifra di 1 miliardo e 100 milioni di euro con un ruolo trainante esercitato dal settore mobili usati e antiquariato.

Nondimeno, una forte dinamicità ha contrassegnato anche il campo dei mercatini in conto terzi, ossia l’intermediazione del negoziante che mette a disposizione spazi espositivi per la compravendita. L’apice di questo fenomeno è rappresentato dallo sviluppo della Mercatino Franchising, azienda leader del settore in Europa dal 1995 che muove ogni anno in tutta Italia 1.945.000 metri cubi di oggetti usati.

Cresciuta ad un ritmo annuale del 10% la società di Verona, coi suoi 180 punti vendita e 1.250 addetti movimenta circa il 12% del fatturato del settore, corrispondente a più o meno 130.000.000 di euro di ricavi.
Sostenuto da una persistente domanda, il settore è però frenato nella sua capacità espansiva sia da impedimenti in fase di acquisizione sia dall’applicazione di un’aliquota IVA del 20%.

Secondo lo scenario d’analisi delineato da Perbellini nell’audizione alla Commissione Ambiente del Senato (2008), la presenza di isole ecologiche fondate sul riutilizzo, ove integrata all’attività conto terzi, consentirebbe di incrementare del 30% il volume delle merci vendute. Obbiettivo alla portata degli operatori che potrebbe essere facilitato dalla formazione di un Consorzio nazionale del Riutilizzo non ancora realizzato in Italia.