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Fase 2, ipotesi prime aperture in aprile

di Anna Fabi

Pubblicato 17 Aprile 2020
Aggiornato 19 Aprile 2020 08:04

Dalla classificazione del rischio di contagio per le attiva produttive alla scelta dell'app volontaria per il contact tracing: prove tecniche di riapertura e toto date, in attesa delle decisioni di Governo per il dopo 3 maggio.

Ci sono alcune certezze, per esempio sulla app “Immuni” scelta dal Governo per il tracciamento del Coronavirus, e una serie di ipotesi, tutte introno al seguente punto: come e quando inizierà la fase 2. Le prime risposte ufficiali arriveranno lunedì 20 aprile, giorno nel quale è convocato un consiglio dei ministri che, prevedibilmente, inizierà a sciogliere qualche nodo.

Fase 2: il toto date

Il lockdown  al momento termina il 3 maggio. Fino a quel giorno, a legislazione vigente, proseguono tutte le misure restrittive previste dal Dpcm 10 aprile, per gli spostamenti delle persone e per le attività commerciali e produttive.

Ma ci sono molte anticipazioni in base alle quali l’esecutivo sta pensando di far partire, in anticipo rispetto alla scadenza del 3 maggio, alcune attività considerate (per esempio, la moda, l’edilizia, l’automotive), magari subito dopo il 25 aprile. Dal quando al come. E qui si inserisce il lavoro della task force presieduta da Vittoria Colao, al lavoro proprio su questo tema: si aspettano notizie ufficiali, forse dal cdm del 20 aprile.

Settori e classifica di rischio

Gli esperti sono al lavoro sulla classificazione delle attività in base al rischio contagio: basso, medio e alto rischio, con conseguenti decisioni sulla riapertura. Per fare qualche esempio: la produzione manifatturiera è a rischio basso, i bar e i ristoranti a rischio medio, l’assistenza sociale e sanitaria a rischio alto.

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Il punto è il seguente: le decisioni sulla riapertura degli esercizi commerciali e delle attività produttive verranno prese (anche) in base a questa classificazione, per cui le attività considerate a basso rischio prevedibilmente potranno riprendere prima di quelle che, invece, presentano maggiori problematicità sul fronte del rischio contagio. A meno che non si tratti di attività essenziali (come appunto l’assistenza sanitaria, che non si è mai interrotta).

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In azienda

Si può prevedere che continuerà ad essere privilegiato, in tutti i casi in cui è possibile, lo smart working, e tutte le altre modalità di lavoro a distanza (riunioni in teleconferenza, meeting virtuali e via dicendo).

Si parla invece di nuovi presidi medici nelle aziende che riaprono, per monitorare costantemente la situazione. Una sorta di nuova figura professionale, diversa dal medico di base, con lo specifico compito di salvaguardare la salute nei luoghi di lavoro.

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Screening sanitario

Il campo dei presidi medici sarà fondamentale per la fase 2: verranno effettuati screening sulla popolazione per stabilire chi è immune e chi no? Fra le ipotesi, quella di rilasciare specifici certificati sul rischio contagio.

Al di là delle soluzioni individuate, gli strumenti chiave restano i tamponi (che indicano la presenza del virus), i test sierologici (che individuano la presenza di anticorpi e rivelano chi ha avuto il coronavirus e chi no) e le app di tracciamento (che consentono su base volontaria di trasmettere dati in tempo reale sul proprio stato di salute).

Chi risulta negativo al tampone non ha il Coronavirus, di conseguenza non rischia di trasmettere il contagio ma potrebbe, viceversa, contrarre la malattia. Chi invece è positivo al test sierologico ovvero ha gli anticorpi, dovrebbe poi fare il tampone per capire se la malattia è in corso (magari in modo asintomatico), oppure se c’è già stata guarigione. Il paziente che ha gli anticorpi ed è negativo al tampone, non solo non può contagiare altre persone ma è anche immune.

I test sierologici dovrebbero arrivare a giorni, diverse aziende (italiane e straniere) li stanno preparando e potrebbero rappresentare un passo avanti decisivo nella lotta al Coronavirus.

Contact tracing

Per il tracciamento dei soggetti a rischio di contagio il Governo ha siglato una convenzione con l’azienda milanese Bending Spoons, che ha presentato il progetto di app che si chiama “Immuni“. Consente, su base volontaria, di inserire una serie di dati sui propri sintomi che possono fornire indicazioni utili a diagnosticare la malattia in tempi veloci, e a prendere i necessari provvedimenti. E rileva se l”utilizzatore è stato a distanza di meno di un metro con una persona a rischio contagio.

Il funzionamento dell’app scelta assicura l’anonimato: la app registra un codice che corrisponde al telefonino del paziente individuato, il quale però resta anonimo. E’ anche possibile, sempre su base volontaria e sempre con la garanzia dell’anonimato, per un paziente di Coronavirus far arrivare una segnalazione ai propri contatti per comunicare il rischio contagio. Le regole tecniche sono complesse, in ogni caso consentono di rilevare il Coronavirus e di raccogliere dati nel rispetto delle norme privacy.

L’ordinanza sulla stipula della convenzione, siglata dal commissario per l’emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri, specifica che la app è stata ritenuta la più idonea fra quelle esaminate «per la sua capacità di contribuire tempestivamente all’azione di contrasto del virus, per la conformità al modello europeo delineato dal Consorzio PEPP-PT e per le garanzie che offre per il rispetto della privacy», la licenza d’uso è «aperta, gratuita e perpetua».

A livello locale

Esistono anche altre app per il tracciamento, e diverse amministrazioni regionali stanno stipulando contratti con altre software house. Ma si auspica di utilizzare tutti la stessa app per non disperdere le adesioni volontarie dei cittadini (al fine di un risultato affidabile) e rendere omogenei i risultati ottenuti.

Altra considerazione: la fase 2, che naturalmente sarà regolamentata primariamente dal governo, potrà consentire misure più restrittive in alcune Regioni, sulla base dell’andamento del contagio e comunque delle decisioni delle diverse amministrazioni.

Si prevede un’analoga progressività per le limitazioni degli spostamenti delle persone. L’indicazione di restare a casa il più possibile resterà per la popolazione anziana, forse anche per i minorenni. Le scuole sono destinate a restare chiuse fino a settembre (tema legato a doppio nodo a quello della conciliazione lavoro famiglia, con i genitori che torneranno al lavoro e le conseguenti esigenze di nuovi strumenti in questo senso).