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Sciopero contro la Legge di Stabilità

di Barbara Weisz

Pubblicato 21 Ottobre 2013
Aggiornato 11 Novembre 2013 09:09

Astensione dal lavoro su base territoriale dal 22 ottobre contro il Disegno di Legge di Stabilità, giudicata insufficiente per la crescita e sui tagli al cuneo fiscale.

Un disegno di Legge Stabilità inadeguato a fronteggiare le emergenze di un paese in recessione: questa la motivazione per cui i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil hanno indetto sciopero nazionale di protesta rispetto al Ddl approvato dal governo il 15 ottobre e che inizia ora il suo cammino parlamentare. Astensione dal lavoro di 4 ore, articolata a livello territoriale dal 22 ottobre fino a metà novembre. La decisione è stata presa dai segretari generali delle tre sigle, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, al termine di un vertice servito proprio a valutare le possibili reazioni alla finanziaria per il 2014.

L’obiezione dei sindacati è simile alla critica delle imprese: l’insufficienza di strumenti e misure per la crescita e il taglio troppo modesto del cuneo fiscale. In particolare, Cgil, Cisl e Uil temono che la norma, così come formulata al momento, condanni «il paese alla stagnazione senza crescita». Il punto numero uno come detto è il costo del lavoro, la cui riduzione è «del tutto simbolica e quindi inefficace». Stessa obiezione mossa dalle imprese, che chiedono «un taglio più incisivo al costo del lavoro». Ricordiamo che la manovra destina 10,6 miliardi a favore di imprese e lavoratori nel corso del triennio 2014-2016, ma per il solo 2014 in realtà l’aumento in busta paga vale complessivamente 2,5 miliardi, a cui si aggiunge un miliardo di riduzione fiscale per le imprese.

I sindacati annunciano la volontà di chiedere cambiamenti alla manovra in sede di dibattito parlamentare. Con questo scopo, nei prossimi giorni chiederanno incontri ai capigruppo delle forze politiche di Camera e Senato. Poi, per metà novembre, quando si saranno conclusi i turni di sciopero, è stato stabilito un nuovo vertice fra i tre segretari confederali per valutare gli esiti dell’agitazione e il cammino parlamentare della manovra, e prendere nuove decisioni.

Nel frattempo, i tre leader sindacali specificano i motivi di dissenso. Susanna Camusso sottolinea che «il Paese rischia di perdere un’altra volta. Continuiamo ad essere il solo paese in recessione e, soprattutto, continuiamo a perdere il lavoro». Bonanni accusa: ««non si è voluto mettere mano sugli sprechi, le ruberie e gli assetti di potere. Ha vinto il partito della spesa pubblica». Infine Angeletti ritiene che la manovra non sia utile «per raggiungere l’obiettivo che lo stesso governo aveva indicato ossia una inversione di tendenza nella politica economica del Paese».

Come detto, si tratta di critiche e indicazioni del tutto simili a quelle avanzate dalle imprese, che hanno siglato un documento congiunto di richieste. ABI, Alleanza delle Cooperative Italiane, ANIA, Confindustria, e Rete Imprese Italia, ritengono che la manovra debba avere <misure più consistenti per la ripresa» e una più «rapida e decisa azione di tagli alla spesa pubblica». Le proposte: riduzione più incisiva di cuneo fiscale e costo del lavoro, misure sull’accesso al credito sia attraverso la garanzie sia attraverso la patrimonializzazione delle imprese e delle banche, impulso a ricerca e innovazione.