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EIU: Italia 24esima per Competitività IT

di Alessandra Gualtieri

17 Settembre 2009 12:15

Nella classifica globale sugli indici di competitività IT redatta dall'Economist Intelligence Unit e diffusa da BSA, l'Italia risulta nella media

Dopo le cattive performance globali registrate dal World Economic Forum, l’Italia “recupera” qualche posizione almeno in ambito competitività IT: lo rivela lo studio EIU (Economist Intelligence Unit) promosso da BSA (Business Software Alliance) “Resilience amid turmoil: Benchmarking IT industry competitiveness 2009“.

Gli USA, nonostante la crisi, si confermano l’ambiente più competitivo e dinamico per quanto concerne lo sviluppo e la crescita delle imprese IT.

L’Italia si piazza invece al 24simo posto, ancora carente di fattive politiche nazionali che sostengano concretamente la crescita del settore Informativa e in generale dell’Innovazione in quanto “business”.

Con un punteggio medio di 48,5/100 le performance del nostro Sistema-Paese non brillano nè imbarazzano. Nel dettaglio, l’Italia ha ottenuto 72,7/100 per dinamismo dell’ambiente economico, 73 per sistema giuridico, 52,5 per disponibilità di infrastrutture IT, 64,2 per supporti allo sviluppo IT, 48,4 per capitale umano.

Il vero tallone d’achille è come sempre l’ambiente della Ricerca e Sviluppo che, con uno scarso 16,4/100, conferma l’inadeguatezza nei confronti del resto d’Europa e degli USA.

I cosiddetti abilitatori competitivi individuati dall’Economist Intelligence Unit sono sei:

  1. più lavoratori specializzati
  2. cultura dell’innovazione
  3. infrastrutture tecnologiche in linea con gli standard internazionali
  4. tutelare giuridica della proprietà intellettuale
  5. economia stabile e competitiva
  6. equilibrio governativo tra sostegno alla tecnologia e al libero mercato

Infine, lo studio sottolinea l’importanza delle infrastrutture di rete a banda larga per consentire alle aziende di “fare un business competitivo”; la necessità di investire nello sviluppo delle competenze; il bisogno di non confondere aiuti pubblici all’industria nazionale con sterili protezionismi; il valore strategico della tutela del Copyright, che ad oggi sembra ancora muoversi lungo un terreno giuridicamente accidentato.