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Ddl Riforma Lavoro: cosa cambia per le Partite IVA

di Barbara Weisz

Pubblicato 11 Maggio 2012
Aggiornato 17 Maggio 2012 17:35

Riforma del lavoro, si allenta la stretta sulle Partite IVA: i nuovi parametri per l'assunzione, le soglie di reddito consentite e la questione aperta dei contributi per la gestione separata.

Gli emendamenti al Ddl di riforma del lavoro presentati in Senato in materia di Partite IVA recepiscono buona parte delle richieste formulate: viene infatti ammorbidita la stretta sulle vere Partite Iva, escludendo dall’obbligo di trasformazione del contratto (in collaborazione continuativa o assunzione a tempo indeterminato) per quei consulenti titolari di un reddito lordo superiore ai 18mila euro.

Anche senza raggiungere tale soglia, la presunzione di subordinazione nei rapporti di lavoro che intercorrono con l’azienda si riducono grazie a parametri meno stringenti, al fine di non colpire indiscriminatamente tutti i professionisti che svolgono consulenze con partita Iva.

La riforma vuole infatti stanare solo le Partite IVA fasulle, ossia quelle aperte su imposizione del datore di lavoro come clausola per essere chiamati a lavorare, seppur con contratto di consulenza, ossia in apparenza con rapporto di lavoro autonomo, che con il nuovo emendamento vengono invece maggiormente tutelate.
Questi cambiamenti vanno incontro a una serie di richieste che erano arrivate dalle imprese e fanno parte di un pacchetto di emendamenti – presentati dai relatori ma anche del Governo – relativi alla flessibilità in entrata.

Partite IVA: i nuovi parametri

La riforma del lavoro prevede la trasformazione automatica in contratto di lavoro subordinato per tutti quelle consulenze che vengono classificate come false Partite IVA in base ai parametri di cui al comma 1 dell’articolo 9 del Ddl e che ora un emendamento dei relatori Maurizio Castro (Pdl) e Tiziano Treu (Pd) corregge, rendendoli meno restrittivi:

  • la collaborazione deve durare da almeno 8 mesi (non più 6 come nel testo originale).
  • il corrispettivo deve rappresentare almeno l’80% di quanto complessivamente percepito dal collaboratore (e non più il 75%).
  • il collaboratore deve avere una postazione di lavoro “fissa” presso il committente: con la parola “fissa”, si intende una scrivania, che va oltre il semplice uso di un cellulare o portatile.

Il testo del Ddl lavoro prevede che la trasformazione del contratto intervenga automaticamente nel caso in cui vengano soddisfatte almeno 2 condizioni su 3 (Pdl e Terzo Polo ne vorrebbero 3/3 ma per ora nulla da fare).

L’emendamento recepisce diverse proposte di modifica operando una mediazione (es.: emendamenti del Pdl chiedevano una collaborazione di almeno 2 anni). Si può ipotizzare che si sia arrivati ad un compromesso fra richieste Pdl e Pd su cui sembra d’accordo anche il Governo: il ministro Elsa Fornero ha definito «condivisibile» la modifica ai tre parametri, definendola una «griglia ragionevole attraverso la quale passa il lavoro realmente autonomo».

Soglia dei 18mila euro

L’emendamento dei relatori introduce nuove discriminanti per la trasformazione del contratto. In sostanza, la partita IVA è reale (senza obbligo di assunzione automatica) quando:

  • è connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività;
  • è svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. Significa, appunto, 18mila euro euro lordi all’anno.
  • è svolta nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l‘iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi e detta specifici requisiti e condizioni. La ricognizione delle predette attività è demandata a decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, da emanarsi, in fase di prima applicazione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Va detto che già il Ddl escludeva dall’ambito di applicazione i professionisti iscritti agli Albi. C’è però un ulteriore precisazione in questo senso rappresentata dall’emendamento. In generale, si recepisce una serie di proposte di cambiamento, relative al reddito del professionista e alla natura delle mansioni, presentate da esponenti del Pdl e del Pd.

Contributi previdenziali

Ancora nessuna novità, invece, per quanto riguarda i contributi alla gestione separata: l’articolo 36 – che alza progressivamente le aliquote da 27% fino al 33% entro il 2018 – resta nella versione originale.

Nel corso dei lavori in Commissione sono stati presentati emendamenti in questo senso (es.: far restare al 27% almeno i versamenti degli autonomi) ma il ministro Elsa Fornero sembra intenzionata a tenere duro.

Altre questioni aperte

Un emendamento (Pdl) per ora senza consenso riguarda la modifica al testo in modo da evitare che i contratti delle Partite IVA fasulle possano diventare a tempo indeterminato.

Il Ddl prevede trasformazioni in collaborazioni coordinate e continuative che però, in base al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (legge Biagi), sono attuabili sono se c’è un progetto (co.co.pro) e quindi non applicabili alle Partite Iva: l’emendamento propone che  la mancanza di progetto rappresenti un’eccezione, e che sia possibile al conversione in collaborazione, di durata pari a quella del contratto originario.

Entrata in vigore

Nessuna discussione sul comma 2 dell’articolo 9 del Ddl, in base al quale le nuove regole sono valide a partire dall’entrata in vigore della legge per i nuovi contratti, mentre la trasformazione dei contratti stipulati precedentemente avviene entro 12 mesi dall’entrata in vigore.