Appuntamento in campo a Danzica per i quarti di finale degli Europei 2012: l’incontro fra Germania e Grecia unisce all’interesse calcistico il fascino della partita economica, che oramai tiene l’Europa e il mondo con il fiato sospeso.
La partita si gioca in questo caso intorno alla crisi del debito di cui Berlino e Atene rappresentano le due facce di una stessa medaglia. Anzi, di una stessa moneta: l’euro.
La moneta unica, con la vittoria dei conservatori di Nuova Democrazia di Antonis Samaras, riesce per ora a restare a galla. Anzi, in campo.
In realtà , ad Atene non ha vinto nessuno ma per fortuna non c’è stato nemmeno un pareggio che non sarebbe servito a nulla, come ha dimostrato il risultato elettorale del maggio scorso (che non ha reso possibile la formazione del governo in Grecia).
Calcisticamente parlando, il rischio “biscotto” (tacito accordo) è stato scongiurato, così come per i pareggi collezionati dall’Italia nelle prime due partite del girone europeo.
Atene è rimasta in gioco come l’Italia, grazie alla vittoria sull’Irlanda (altra economia debole dell’euro) accompagnata dalla vittoria della Spagna contro la Croazia, che fa onore al titolo dei campioni del mondo e d’Europa.
La Grecia, tornando governabile da una coalizione di unità nazionale che mette insieme i partiti più europeisti, scongiura il rischio di uscita dall’euro. E se molti osservatori hanno più volte insistito sul fatto che Eurolandia riuscirebbe a superare un’espulsione della Grecia, il timore di un contagio e di una crisi dalle proporzioni difficilmente immaginabili (con un impatto superiore a quello del fallimento di Lehman Brothers nel 2008) esisteva eccome.
Ora tutti tirano un respiro di sollievo, ma come detto siamo davanti al risultato di una partita che ancora non è sufficiente a vincere il campionato dell’euro.
E qui entra in gioco la Germania di Angela Merkel: il paese che più di ogni altro, insieme alla Francia dell’ex presidente Nicolas Sarkozy (paese che però ora ha cambiato casacca, con la vittoria alle presidenziali di Francois Hollande) è stato interprete di quella austerity che non si è rivelata la miglior strategia contro la crisi.
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha subito riaffermato la linea del rigore, che non prende in considerazioni sconti ad Atene sul piano di salvataggio. Le istituzioni europee, però, sono tutte impegnate nello sforzo di mettere a punto un nuovo piano per la crescita che è atteso per il meeting di fine giugno.
E le date dei campionati europei di calcio e quelle dei vertici internazionali, emblematicamente, si incrociano: il 27 e 28 giugno si giocano le due semifinali degli europei, il 28 e il 29 giugno c’è il summit di Bruxelles.
Sul prato verde degli stadi di Varsavia e di Donetsk, inevitabilmente, non potranno esserci sia la Grecia sia la Germania. Il calendario europeo regala uno scontro diretto, dal quale può uscire un solo vincitore: chissà se, in un modo o nell’altro, sarà determinante un rigore. Ma comunque, in campo come sempre vinca il migliore.
La speranza è che invece, a Bruxelles, vinca l’Europa tutta, e cioè che dal summit escano concreti passi avanti verso quell’integrazione europea che ormai tutti sembrano ritenere l’unico modo per lasciarsi alle spalle la crisi del debito e il rischio di cartellino rosso per l’euro.
Il parallelismo con il calcio, e con lo sport, suggerisce che il gioco di squadra è strategia vincente, e che i campioni, quelli veri, lo sanno sempre.
Vedremo se gli attuali leader europei sapranno far onore alla lingua di Platone e Aristotele (in cui crisi significa scelta), in un’estate che dopo gli Europei vede in calendario le Olimpiadi, nate sempre nell’antica Grecia, e riorganizzate nell’era moderna per iniziativa del francese Pierre De Coubertin: la cultura dello sport, dalla Grecia all’Europa al mondo.