Fedeltà  e riservatezza: da oggi dipendenti un po’ meno fedeli?

di Roberto Grementieri

Pubblicato 13 Ottobre 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:40

Obblighi di riservatezza del dipendente e know-how non brevettabile: le novità  sono contenute nel d.lgs. n. 131/2010, in vigore dal 2 settembre, che ha apportato significative modifiche al codice della proprietà  industriale.

La riforma ritocca l’articolo 64 del codice e fa rientrare nella disciplina del compenso che può spettare al dipendente per le sue scoperte, anche quelle che non siano state brevettate ma utilizzate senza brevetto, purché in “regime di segretezza industriale”. La riforma incide anche sul fronte del know-how non brevettabile, che comprende informazioni ed esperienze meno tangibili, e su cui pure ci si concentra con crescente intensità .

Si pensi alle raccolte di dati, alle tecniche commerciali e di marketing, alle metodologie originali di lavoro, alle procedure interne di ottimizzazione di tempi, persino la minimizzazione di costi, o magari l’affinamento del customer care: informazioni su cui si può misurare la capacità  di un’impresa di competere, specie in particolari settori del terziario avanzato.

La riservatezza di questo specifico know-how, anche quando il team si scioglie, o quando il manager abbandona l’azienda, è allora per l’impresa un tema di cruciale importanza. Dal punto di vista del dipendente, inoltre, è importante essere consapevole del confine tra proprio bagaglio di competenze ed esperienze sviluppate in un’azienda ma spendibile anche altrove e, d’altro canto, ciò che egli non può portarsi appresso.

L’articolo 98 definisce l’oggetto della tutela, ossia le caratteristiche, di sostanzialità  e di segretezza dei dati che non possono essere violati. L’articolo 99 prevede invece, come forma di tutela, il potere del detentore delle informazioni di vietarne ogni appropriazione od utilizzo.

Quest’ultima norma è ora modificata in senso restrittivo: il divieto ha infatti subito alcune “condizioni”, con l’intento di circoscrivere le condotte illegittime. In particolare, è richiesta la prova che l’acquisizione delle informazioni sia stata abusiva.

L’impatto della riforma si misurerà  sull’interpretazione in concreto di questo requisito aggiuntivo. Nel rapporto di lavoro, l’abuso potrà  essere rappresentato dalla violazione di specifiche regole e procedure aziendali.

E’ da ritenere, dunque, che ciò porterà  ad agire su queste regole e a potenziare strumenti ad hoc come i patti di confidenzialità  da stipulare fra azienda e singoli collaboratori, o i regolamenti e codici aziendali, chiamati a definire preventivamente quali siano le informazioni ed esperienze da considerare riservate, istituendo nel contempo anche misure o procedure adeguate a mantenerle segrete.

Le aziende potranno così superare il loro aggiuntivo onere probatorio indicando le regole interne che siano state concretamente violate.

I collaboratori avranno acquisito un risultato in termini di certezza, conoscendo in anticipo l’esatto perimetro delle informazioni riservate all’azienda, e saranno meno esposti a essere intralciati, nella loro carriera, dal rischio di rivendicazioni strumentali dei loro precedenti datori di lavoro.