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Donne e impresa, ricetta vincente contro la crisi

di Barbara Weisz

Pubblicato 20 Maggio 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:38

Più sostegno all’imprenditoria femminile, anche in fase in start up, un accesso al credito più adeguato alle specificità dell’impresa in rosa: sono alcune delle richieste di categoria che emergono dalla relazione del presidente di Terziario Donna, Patrizia Del Rio, al Forum nazionale dell’organizzazione delle donne di Confcommercio. Richieste che partono forti anche dei dati dell’Osservatorio Censis sull’imprenditoria femminile, che resiste alla crisi meglio di quella maschile, trend particolarmente consistente nel settore del commercio. Negli ultimi cinque anni la percentuale di donne sul totale degli imprenditori italiani è leggermente aumentata (dal 29,8 al 30,1%), ma soprattutto le imprese femminili hanno resistito meglio alla crisi, registrano dal 2009 ad oggi una contrazione di 47mila unità, contro una diminuzione di 158mila imprenditori.

=> Imprese femminili in ottica Worklife Balance

Il segmento femminile che resiste meglio è il terziario, la cui quota di imprenditrici sul totale è salita dal 66 al 69%. In particolare, le donne consolidano la presenza in settori più tradizionalmente femminili, come alberghiero e ristorazione, centri estetici, organizzazione di eventi, assistenza sociale, ma anche nelle attività finanziarie e assicurative (broker), e nell’intermediazione immobiliare. Un altro dato che emerge dallo studio Censis-Confcommercio riguarda la dinamicità delle imprenditrici straniere, la cui quota è cresciuta di oltre 20mila unità dal 2009.

=> La mappa regionale delle imprese femminili

Quanto al mercato delle start up in rosa, ne sono nate 281 mila dal 2010 ad oggi. Il profilo tipo della neo imprenditrice: giovane, in alcuni casi giovanissima (il 58,6% ha tra i 30 e 50 anni, il 19,1% meno di 30 anni, ma c’è anche un 22,2% sopra i 50 anni). Significativa la presenza di donne straniere, il 17,3% del totale. Cosa facevano queste lavoratrici prima di mettersi in proprio? Il 22,7% aveva un’altra occupazione, di tipo per lo più dipendente, il 37,9% era disoccupata o alla ricerca del primo impiego, mentre il 39,4% casalinga o studentessa. Il 76% delle neo imprenditrici sceglie il settore terziario, percentuale che sale addirittura all’82,3% sotto i 30 anni. Tra gli ambiti più gettonati, 74mila nuove attività di commercio al dettaglio (abbigliamento, alimentare, arredi), 35mila attività di ristorazione e catering, 24mila istituti di bellezza, centri estetici, quasi 20mila imprese di commercio all’ingrosso, e ci sono infine circa 8 mila donne che si sono registrate alla Camera di commercio rispettivamente come agenti o intermediari assicurativi, e altrettanti come agenti immobiliari, mentre 5 mila hanno avviato servizi in nuove attività di manutenzione e pulizia di edifici.

Patrizia Di Dio coglie l’occasione per sottolineare che «puntare sulle donne è conveniente, per l’economia e per l’Italia stessa, perché più lavoro delle donne vuol dire più crescita», ricorda la battaglia «affinché l’accesso al credito per le donne sia più adeguato e con costi migliori rispetto allo standard visto è dimostrato che le imprese femminili sono più solvibili», la nessità di rifinanziare gli strumenti per l’imprenditoria femminile, incluse le start up, e infine la proposta di legge sullo sgravio fiscale delle spese sostenute dalle imprenditrici per l’aiuto domestico.