IBM Cognitive Computing: rivoluzione copernicana dell’Informatica

di Alessandro Longo

Pubblicato 30 Aprile 2013
Aggiornato 3 Maggio 2013 09:13

Dalla tecnologia PureSystems al Cognitive Computing, IBM progetta la rivoluzione informatica con un approccio olistico e integrato: intervista a Giorgio Richelli, Systems Architect IBM Italia.

La tecnologia PureSystems di IBM, caratterizzata da un approccio olistico e integrato al computing,  ha compiuto il primo anno di vita. In questo frangente ha raggiunto l’importante traguardo di cento aziende italiane, molte delle quali sono PMI.

La più recente è la padovana Moretto, che con 200 dipendenti produce macchine per la trasformazione delle materie plastiche: PureSystems le ha permesso di dimezzare le complessità, ridurre del 30% i costi dei data center e del 20% il tempo di rilascio dei sistemi.

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Pochi sanno che PureSystems si inserisce in una visione IBM di lungo periodo, verso un futuro in cui i computer funzioneranno in modo molto diverso rispetto agli attuali: più simili al cervello umano. È un orizzonte che rientra nei progetti di ricerca su cui IBM investe 6 miliardi di euro l’anno.

«Lavoriamo al Cognitive Computing. Forse è retorico chiamarla rivoluzione, ma di questo si tratta: una rivoluzione copernicana dell’Informatica», ha spiegato a PMI.it Giorgio Richelli, Systems Architect IBM Italia.

Il Cognitive Computing è un’architettura del tutto differente rispetto a quelle attuali, tutte basate sullo stesso modello da 70 anni: da una parte l’unità di computing e dall’altra la memoria, con una connessione tra le due, che diventa collo di bottiglia dinanzi a sfide come l’elaborazione di una grande quantità di dati in tempo reale.

Negli anni abbiamo potenziato le componenti ma l’architettura è rimasta la stessa, mostrando oggi i suoi limiti.

In cosa si distingue il Cognitive Computing? E’ qualcosa che copia l’architettura del nostro cervello. E quindi non ha più quella divisione rigida, ma i dati sono memorizzati in modo distribuito e vicino alle unità di calcolo, in grado di lavorare in parallelo.

Dove ci porterà questa frontiera? Per esempio alla possibilità di elaborare grandi quantità di dati che vengono in tempo reale dagli organi di senso. Ora posso avere un programma che mi dica l’ora guardando, con una telecamera, un orologio. Ma se cambia l’orologio lo stesso programma non funzionerebbe più, non riconoscerebbe più la forma delle lancette sullo sfondo. Il nostro cervello ci riesce sempre perché lavora in altro modo. Nel Cognitive Computing sarà lo stesso, perché l’elaborazione è guidata da dati non da programmi.

Cognitive Computing di IBM

A che punto è IBM? Sono stati realizzati i primi modelli e implementazioni hardware, che potrebbero simulare questa modalità di funzionamento.

Prima di farlo in ampia scala, dobbiamo effettuare simulazioni su super calcolatori. Lo stiamo facendo per esempio su Blue Gene, che usa però un’architettura tradizionale. Solo dopo vedremo se sarà possibile un’implementazione reale con hardware dedicato.

La prossima fase? Per ora simuliamo parti del cervello di topi, scimmie… andiamo sempre più in alto.

Prossima fase potrebbe essere avere sistemi in grado di sentire, vedere, annusare, per recepire stimoli esterni. E’ qualcosa che potremmo vedere tra dieci, venti, cinquant’anni: nessuno può dirlo con certezza.

Quale impatto sulle aziende? L’impatto sarà su Big Data. Le aziende potranno reagire in tempo reale a situazioni che ora non solo non sono gestibili ma nemmeno rilevabili. Immaginiamo di avere un sistema che deve decidere se fare suonare l’allarme in base a input che arrivano da tanti videocamere.

È ancora presto per definire l’impatto sulle aziende per questo scenario futuristico del Cognitive Computing, ma è possibile immaginarlo per un’altra evoluzione: quello che chiamiamo approccio olistico.

Di che si tratta? Al momento è una combinazione di hardware e software in modo tradizionale. PureSystems è il risultato già disponibile sul mercato. Gestisce tutto in modo integrato, da un unico punto di vista, centralizzato. L’azienda non ha quindi bisogno di specialisti separati, per lo storage e il networking ad esempio.  La semplificazione permette di ridurre tempi e costi di adozione, nonché i consumi energetici.

Inoltre ha una sua intelligenza: si accorge della saturazione di traffico su uno switch e lo sposta altrove., mentre generalmente in un’azienda serve una risorsa umana dedicata, che prenda una decisione di volta in volta.

Chi lo utilizza? Abbiamo un centinaio di installazioni in Italia, da aprile 2012. Operatori TLC, assicurazioni, PMI. Questo approccio fa la differenza soprattutto per queste ultime: la grande azienda ha già skill interne per gestire tutto, anche in modo separato, mentre questa semplificazione subito si ribalta sui costi di una PMI.

Normalmente PureSystems viene acquistato per rimpiazzare hardware esistente o per nuovi progetti.  Un esempio è Ricca Divisione Informatica, che fornisce servizi IT a PMI. Con i nostri sistemi ha ridotto la complessità del 30% e del 35% il tempo di gestione dei servizi.