Italia Digitale, ultimi senza risorse private

di Barbara Weisz

Pubblicato 22 Novembre 2016
Aggiornato 7 Aprile 2017 10:35

L'Italia Digitale terzultima in Europa: strategie, stato dell'arte e la ricetta dell'Osservatorio Polimi, ossia un patto fra pubblico e privato.

SPID, PagoPAAnagrafe digitale: malgrado i passi avanti, l’Italia resta in fondo alla classifica europea (25esima su 29 paesi censiti dal Digital Economy and Society Index). La chiave per la svolta, secondo l’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, sta nella collaborazione fra pubblico e privato. Come sottolinea Alessandro Perego, Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano:

=> Le nuove sfide della rivoluzione digitale

«Il piano triennale per l’Informatica nella PA, che sarà rilasciato per la fine dell’anno, porta avanti un modello chiaro che inquadra in una cornice organica le diverse iniziative e valorizza i contributi di PA e imprese».

Pubblico e privato devono sottoscrivere:

 «un Patto per l’Italia Digitale proteggendo il modello di collaborazione previsto dal piano, per darne poi attuazione con regole comuni, progetti condivisi e logiche sistemiche».

Analizzando la classifica europea, lo studio rileva una stretta correlazione fra livello di digitalizzazione di un Paese e crescita economica, sociale, industriale e legalitaria: i paesi che dal 2013 hanno investito maggiormente nel Digitale registrano avanzamento del PIL, miglioramenti nel Social Progress Index, nella classifica Doing Business e nel Corruption Perception Index.

Scendendo nel dettaglio delle strategie dell’Agenda Digitale, da una parte si registra come le diverse iniziative messe in atto abbiano un impatto positivo su 20 dei 30 indicatori presi in considerazione, dall’altra si evidenzia un effetto significativo solo su quattro indicatori, mentre è molto scarso l’impatto sul fronte della digitalizzazione delle imprese (su cui, ora, punta il piano Industria 4.0 inserito in Legge di Stabilità).

Fra i punti critici, resta la diffusione della banda larga ultraveloce (penultimo posto, con il 44% di copertura), su cui comunque si registrano passi avanti (+115% dal 2014). Il piano del Governo punta a una copertura del 75% entro il 2018, per arrivare al 100% nel 2020.

«La copertura della banda larga tra le Regioni italiane è molto eterogenea: nel 2015 si va dal 76% delle abitazioni calabresi coperte a 30 Mbps all’1% di quelle valdostane, con il Sud a primeggiare grazie ai fondi europei — commenta Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale —. Se si guarda però la copertura 100 Mbps, solo Lombardia e Lazio nel 2015 hanno oltre il 20% delle loro abitazioni coperte. Gli obiettivi fissati dalle Regioni per il 2018 dovrebbero ridurre le differenze tra le coperture a 30 Mbps. Rimarranno quelle a 100 Mbps».

Per quanto riguarda il sistema unico di identità digitale SPID, a sette mesi dall’avvio sono state erogate 133mila identità digitali, che entro il 2018 potrebbero diventare oltre 9 milioni. Nel dettaglio, si prevedono almeno 500mila identità digitali entro marzo 2017 e altri 3 milioni entro fine 2017. Questo è un fronte che coinvolge le imprese, in primis le PMI.

«Il fatto che un utente possegga un’identità SPID non implica necessariamente che la utilizzi per usufruire dei servizi online — commenta Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale —. Il 75% dei comuni italiani oggi non offre servizi online che richiedano un’autenticazione digitale». Se le imprese iniziassero a utilizzare SPID per fornire i servizi digitali, la diffusione di SPID sarebbe più veloce.

Altro tema di interesse per le imprese, il Codice degli appalti pubblici, che però attende ancora ben 75 provvedimenti attuativi. nel frattempo, vista l’incertezza che ha seguito l’approvazione, i bandi di gara dell’Italia relativi a servizi digitali si sono ridotti del 30% rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente.