Bill Gates? Privo di immaginazione. Google? Guerra termonucleare contro Android. Facebook? L’unico, vero social network. Mark Zuckberger? Ammirevole. Sono le opinioni che Steve Jobs, il fondatore di Apple scomparso lo scorso 5 ottobre, aveva dei principali protagonisti di quell’industria hi-tech di cui lui stesso è stato fra i personaggi più importanti. Le sue idee, così come gli aneddoti sulla sua vita, i rapporti con la famiglia, con gli amici, con il lavoro, e moltissime altre cose si possono leggere in quello che è stato probabilmente uno dei libri più attesi dell’anno: la prima biografia autorizzata del fondatore dell’azienda di Cupertino.
“Steve Jobs: una biografia” (Steve Jobs: a biography) è il titolo del libro firmato da Walter Isaacson, ex direttore di Time. E’ uscito oggi nelle librerie di tutto il mondo, è già disponibile anche sui principali marketplace, da Amazon all’iBookstore. Isaacson in due anni ha fatto a Jobs 40 interviste, più un altro centinaio a familiari, amici, rivali, colleghi: il risultato sono 360 pagine (l’editore italiano è Mondadori) che ripercorrono la vita dell’uomo, dell’imprenditore, del manager, del creativo Steve Jobs.
Un libro che esce nello stesso mese in cui il protagonista è mancato, stroncato da un tumore che, si legge nella biografia, inizialmente ha sottovalutato, tentando di curarlo con la medicina alternativa e una dieta vegana e riufiutando per ben nove mesi l’intervento chirurgico che, forse, avrebbe potuto salvargli al vita.
L’incredibile miscela di razionalità e fantasia è una delle caratteristiche che il libro fa emergere. Ci sono il racconto della malattia, degli ultimi mesi, le sue paure e le sue speranze, ma c’è anche la storia avvincente di un uomo che con le sue “invenzioni” ha cambiato abitudini quotidiane e stili di vita nell’intero pianeta.
E tanti aneddoti. Bill Gates, il fondatore di Microsoft (di cui era amico), viene definito «unimaginative», ovvero privo di immaginazione: «non si è mai inventato niente. Credo che si trovi meglio nella filantropia che nella tecnologia». A Larry Page, uno dei due fondatori di Google insieme a Sergey Brin, suggerì di sfoltire i troppi progetti dell’azienda, per non «diventare come Microsoft». Ma con Google se la prese negli ultimi anni, anzi in particolare con il sistema operativo di Mountain View, Android: lo «distruggerò», dice, «perchè è un prodotto rubato. Farò una guerra termonucleare su questo».
I social network sono un terreno su cui la sua Apple non si è praticamente mossa, ma che lui naturalmente guardava con interesse. Togliendo però il plurale, perchè, diceva, «non ne vedo altri oltre a Facebook» destinato a dominare. E sul fondatore di Facebook: «Ammiro Mark Zuckberger per non aver venduto e perchè vuole costruire una compagnia».
Ma non ci sono solo i top manager della Silicon Valley. Steve Jobs epsrime opinioni precise anche sui presidenti degli Stati Uniti. Difficile il rapporto con Barack Obama, che conobbe a un meeting a San Francisco (al quale Jobs fino all’ultimo minacciò di non partecipare perchè l’invito gli era arrivato dallo staff presidenziale e non da Obama in persona). Gli disse che secondo lui non sarebbe riuscito a vincere le elezioni per il secondo mandato a causa delle politiche sulle imprese: troppi costi e troppe regole negli Usa, gli impenditori costruiscono fabbriche in Cina. Dopo la cena, criticò il menù, la lista degli invitati, la qualità del dessert. Ma poi forse, sulle prossime presidenziali, cambiò idea perchè offrì a Obama di preparargli la campagna per il 2012.
Quello dei consigli presidenziali doveva essere un suo hobby, perchè in pieno “Lewinsky Gate” Bill Clinton lo chiamò nel cuore della notte per chiedergli un’opinione su come affrontare lo scandalo.