La rete cresce a dismisura. Con il passaggio, nel giro di una settimana, dal protocollo Internet versione 4, Ipv4, alla versione 6, Ipv6, il numero degli indirizzi unici della rete hanno raggiunto un numero quasi impronunciabile: 340 trilioni di trilioni di trilioni. Cosa ce ne facciamo noi umani che siamo in tutto 7 miliardi? È stato calcolato che con il nuovo protocollo ci saranno 100 indirizzi per ogni atomo del mondo, circa 50 seguito da 27 zeri Ip – il numero con il quale un qualunque apparecchio viene identificato in Rete – per ogni essere umano. Decisamente tanti.
«Al di là del numero – spiega Alberto Degradi, direttore tecnico di Cisco Italia – quello che è importante è che non avremo più problemi di indirizzamento. La versione 6 è un forte elemento di abilitazione per l’Internet delle cose». Oggi colleghiamo in rete personal computer, tablet, smartphone e ancora frullatore, lavatrice e automobile. «Stimiamo – continua Degradi – 50 miliardi di oggetti collegati già nel 2020. Internet raddoppia in termini di oggetti ogni 5,32 anni. Questo è un dato preciso, perché ogni oggetto ha un Mac address , un sotto-indirizzo che ci permette di individuarne il numero esatto. Quindi tra 8 anni avremo sette oggetti collegati per ogni persona sulla Terra». E ognuno avrà un nuovo Ip.
L’Ip è anche il numero occultato dietro i domini web che noi siamo abituati a scrivere con le lettere. Dietro a ognuno di essi c’è il codice numerico collegato al server dove il sito si appoggia. E proprio ieri, l’Icann, l’ente non profit per lo sviluppo di Internet, ha reso noto a Londra che sono giunte 1.900 richieste per i nuovi suffissi personalizzabili che si affiancheranno ai 22 attuali (come .com o .it). Tra i domini più richiesti ci sono .book, .shop, .news e quelli geografici (il .roma è stato domandato da una società inglese). In fila anche le aziende: Google ha fatto richiesta per 100 domini tra cui .google, .youtube e anche .lol. La Fiat ne ha domandati nove. Il costo? 185 mila dollari e 25 mila dollari l’anno.