La più profonda crisi economico-finanziaria post ’29 comincia la sua parabola discendente. Si tratta di una previsione che recentemente è stata pronunciata da più parti. A supportarla flebili segnali positivi, come il rallentamento, ad aprile, della domanda e del ricorso alla cassa integrazione.
Secondo gli ultimi dati dell’Inps, rispetto a marzo 2009, nel mese di aprile il ricorso alla cassa integrazione ordinaria ha visto un incremento del 27,75% e a quella straordinaria del 21,39%. Una crescita dei valori, dunque, ancora troppo alta per far cessare l’allarme. Prima di correre in avanti, bisognerà ancora fare i conti con un presente nel quale anche i dati e le stime più recenti indicano per l’Italia il permanere di uno stato di criticità. Già il fatto che, come registrato dal Censis nel “Diario della crisi”, un italiano su due sia stato colpito dalla crisi segnala le dimensioni del fenomeno. Il 63% dei cittadini poi ritiene che il peggio non sia passato.
Sulle preoccupazioni negli italiani è probabile che incida anche un fattore psicologico di paura-chiusura, ma i dati reali stanno lì, impietosamente, a confermare i loro timori. Il più eclatante è quello relativo alla produzione industriale, che secondo l’Istat nel primo trimestre 2009 è diminuita del 9,8%, con un calo tendenziale, rispetto allo stesso periodo del 2008, del 23,8%. Su base annua, il settore più in perdita è quello della metallurgia (-38,6%), seguito da apparecchiature elettriche (-36,4%) e mezzi di trasporto (-30%). I dati sulla produzione di autoveicoli invece parlano di una flessione nel primo trimestre 2009 del 40,7% rispetto all’ultimo trimestre 2008.
Una situazione che pesa inevitabilmente sull’occupazione. In tal senso si è pronunciata la Commissione Europea, nelle previsioni economiche di primavera, che prevede una crescita della disoccupazione dal 6,8% del 2008 all’8,8% del 2009, al 9,4% nel 2010. Riguardo al Pil italiano, da Bruxelles fanno sapere che nel 2009 scenderà del 4,4%, e per l’anno successivo è previsto che torni a crescere di un non esaltante 0,1%. Gli effetti di un Pil al negativo si ripercuoteranno anche sul debito pubblico del Paese (113% a fine 2009, 116,1% nel 2010). Anche la produttività non riuscirà ad evitare un netto calo: si passerà dal 4,2% nel 2008 al 3,3% nel 2009, allo 0,8% nel 2010.
Paradossalmente, si deve auspicare che il dato sul Pil italiano fornito dalla Commissione Europea sia veritiero, dal momento che l’Istat ha reso noto come, nel primo trimestre 2009, si sia verificato un calo del prodotto interno lordo del 5,9%, rispetto allo stesso periodo del 2008: non si registrava un dato così negativo dal 1980. Il primo trimestre 2009, invece, fa già registrare il -4,6%. Se tutto questo non esprime di un crollo verticale della struttura economica, quantomeno racconta di una caduta (quasi) libera. Resta da verificare quanto lunga sarà questa discesa e a che punto ci troveremo quando questa sarà finita.