Il cammino di Milano verso l’Expo 2015 non è propriamente in discesa. Manca meno di un mese al 18 ottobre, il giorno entro il quale il Bureau International Des Esposition vuole sapere dove il capoluogo lombardo intende organizzare la manifestazione.
Si potrebbe obiettare che la risposta è nota da tempo, l’Expo si svolgerà su un’area di circa un milione di metri quadrati nella zona di Rho-Pero, non lontano dalla sede della Fiera. Ma il problema è che al momento l’Expo i terreni li ha solo individuati, ma non ne ha la disponibilità. E quello che il Bie di Parigi, che sovrintende l’organizzazione delle esposizioni universali, vuole sapere entro il 18 ottobre è proprio questo: se l’area in questione è legittimamente utilizzabile da parte dell’Expo 2015. E, al momento, la trattativa che vede coinvolti Regione, Provincia e Comune, si è appena arenata per l’ennesima volta.
Per riassumere: l’area di Rho-Pero è per due terzi di proprietà della Fondazione Fiera e per il restante terzo del Gruppo Cabassi. Per acquistarla ci vorrebbero fondi che il Comune, la Provincia, e anche il Governo (rappresentato nel board) hanno ripetutamente detto di non avere. Sulla base di questi fatti, si era arrivati alla seguente soluzione: la Fondazione Fiera (un ente pubblico) compra dal gruppo Cabassi la loro parte di terreni, diventando quindi proprietaria al 100%, e a quel punto li mette a disposizione dell’Expo in cambio di una serie di diritti di superficie esercitabili dopo la fine della manifestazione.
Sembrava fatta, con il superamento del complicato nodo del prezzo di vendita, invece è arrivato uno stop, da parte della Regione, che ha inviato a Comune e Provincia un parere legale che di fatto frena la trattativa ormai in dirittura d’arrivo fra Fiera e Cabassi, proponendo tre soluzioni alternative: un accordo con i privati (previa perizia sul valore dei terreni con parere finale della stessa Regione), l’acquisto dell’area da parte di una newco con soldi interamente messi a disposizione dalla stessa Regione, e infine la soluzione estrema, vale a dire l’esproprio.
Insomma, si ricomincia da capo, quando i tempi sono sempre più stretti. Le parti in causa manifestano un certo ottimismo. «Abbiamo i tempi per risolvere il nodo e l’importante è vedere dal punto di vista giuridico il limite entro cui trovare soluzioni legittime», ha dichiarato il presidente lombardo Roberto Formigoni. «L’Expo si farà a Milano e sarà un grande evento», ha assicurato il ministro degli esteri Franco Frattini.
Resta il fatto che se entro il termine ultimo del 18 ottobre a Parigi non arriva un piano definitivo, il rischio è che a Milano venga tolta l’organizzazione dell’Expo. Che, lo ricordiamo, le è stato assegnato il 31 marzo del 2008, preferendo il capoluogo lombardo alla turca Smirne. Da allora, si sono succeduti tre amministratori delegati (Diana Bracco, Lucio Stanca e Giuseppe Sala, nominato nel luglio scorso), è stato presentato il master plan, ma non si è risolta la questione dei terreni. Un bilancio con poche luci e molte ombre.