L’azienda esprime soddisfazione, nelle parole del Ceo Sergio Marchionne e del presidente John Elkann, rappresentante della famiglia Agnelli, il maggior azionista.
I sindacati del fronte del sì a loro volta festeggiano la vittoria, ma anche il fronte del no gioca le sue carte, puntando sul fatto che il risultato del referendum ha fotografato una vittoria di misura. Nel frattempo, si riapre il dibattitto sulle regole della rappresentanza sindacale, con la Cgil che chiede l’avvio di una trattativa a Cisl e Uil e a Confindustria. La sigla confederale guidata da Susanna Camusso sta anche valutando l’ipotesi di rivolgersi alla magistratura.
Il clima, insomma, resta acceso dopo il voto nello stabilimento torinese sull’accordo firmato lo scorso 23 dicembre da Fiat e dai sindacati con l’eccezione della Fiom, la sigla metalmeccanica della Cgil. Il risultato è ormai noto: ha vinto il si’ con il 54, 05%, pari a 2735 voti, contro il 45,95% del no, equivalente a 2325 voti. Decisivi sono stati gli impiegati, che hanno espresso 421 si’ e 20 no. Ma anche contando solo i voti degli operai il sì ha vinto, pur se con una differenza minima di 9 voti. Il no all’accordo è risultato maggioritario al reparto montaggio, mentre ha prevalso il si’ alla verniciatura e alla lastratura.
Il tema più caldo del dopo voto è quello che risulta dal dibattito sindacale. La Cgil e la Fiom rilanciano su diversi fronti: da una parte non escludono il ricorso alla magistratura per violazione di diritti costituzionali come lo sciopero, dall’altra spingono per riaprire le trattative su più livelli. Il segretario della sigla metalmeccanica, Maurizio Landini, chiede che si riprenda il negoziato con l’azienda.
La Cgil punta anche a una più ampia riapertura della questione della rappresentanza sindacale. La nuova linea, sulla base di una proposta approvata domenica dal direttivo, riguarda l’apertura di un tavolo con Cisl e Uil e con la Confindustria per estendere al privato il modello del pubblico impiego. In estrema sintesi: elezioni ogni tre anni nelle aziende per le rsu, le rappresentanze sindacali unitarie, alle quali possono concorrere le sigle firmatarie dei contratti ma anche quelle che, pur non avendo siglato gli accordi, raccolgono il 5% delle firme fra i lavoratori per presentare le liste.
La strada sembra tutta in salita.
Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, esclude che ci siano margini per riaprire l’accordo di Mirafiori: «la trattativa è conclusa», ha detto, aggiungendo che «c’è stata un’intesa e un risultato referendario chiaro». Palombella esprime disponibilità a parlare in termini generali della questione della rappresentanza, ma tornando a sottolineare che dall’accordo di Mirafiori non si può tornare indietro, in quanto esiste una «clausola di responsabilità che vincola le parti contraenti, cioè sindacati e azienda».
Quanto alla reazione dell’azienda, per il presidente John Elkann «ha prevalso la volontà di essere in gioco: dimostreremo che in Italia è ancora possibile costruire grandi automobili capaci di farsi apprezzare nel mondo».
L’amministratore delegato Sergio Marchionne ha espresso la propria gratitudine per il sì, dicendosi lieto che «la maggioranza dei lavoratori di Mirafiori abbia compreso l’impegno della Fiat per trasformare l’impianto in una fabbrica di livello internazionale». Il piano per Mirafiori prevede una jv fra Fiat e Chrysler per la realizzazione di vetture di fascia alta e suv a marchio Alfa Romeo e Jeep. Secondo Marchionne, «questo ci consentirà di raggiungere un livello di produzione molto elevato, fino a 280mila unità all’anno, aprendo anche la strada a una possibile crescita dell’occupazione». Il piano prevede che l’investimento parta nel 2012, al termine della cassa integrazione.