La stampa internazionale continua ad occuparsi della candidatura di Mario Draghi ai vertici della Bce. Se nelle scorse settimane era stato il britannico Financial Times a scrivere un articolo pronunciandosi a favore del governatore della Banca d’Italia, nei giorni scorsi una popolare quotidiano tedesco, la Bild, ha avanzato perplessità nei confronti del banchiere di Via Nazionale, concentrando le critiche su due punti: l’inflazione, che “per gli italiani è come la salsa di pomodoro sulla pasta” e il suo passato in Goldman Sachs “proprio nel periodo in cui la banca avrebbe aiutato il governo greco a truccare il debito pubblico”. E oggi c’è un lungo articolo sull’International Herald Tribune che ha intervistato Mario Draghi mettendo in risalto proprio questi due temi.
La politica monetaria della Bce deve «per prima cosa e soprattutto essere orientata alla stabilità dei prezzi» dice chiaro e tondo il governatore della Banca d’Italia. E poi ancora, sottolineando che l’istituto di Francoforte «non ha mosso i tassi di interesse per un periodo molto lungo» ha aggiunto che la banca centrale «deve assicurare che le aspettative di inflazione restino ben ancorate».
Quanto a Goldman Sachs, «sono entrato dopo queste operazioni, non sono mai stato coinvolto» taglia corto il governatore. Il quale invece è rimasto inflessibile su un’altra questione controversa, quella sulle banche “too big to fail”. In qualità di presidente del Financial Stability Board è stato sostenitore dell’esigenza di creare riserve di capitale adeguate da parte degli istituti di credito, e nell’intervista all’IHT ha ribadito: «le società e i governi devono essere in grado di lasciar fallire una grande istituzione senza creare problemi al mercato e senza utilizzare i soldi dei contribuenti».
Draghi è il principale candidato alla successione di Jean Claude Trichet, il cui mandato scade nell’ottobre prossimo. La sua candidatura raccoglie molti consensi internazionali ma provoca “una palpabile mancanza di entusiasmo”, scrive ancora l’IHT, in Francia e in Germania. La vicenda della successione è entrata nel vivo proprio quando, a sorpresa, nelle settimane scorse, il banchiere centrale tedesco Alex Weber ha annunciato le proprie dimissioni (al suo posto è stato nominato Jens Weidmann) rinunciando così alla propria candidatura ai vertici di Francoforte. E piu’ in generale mettendo in crisi l’ambizione tedesca ad esprimere la presidenza della Bce.
Qui negli ultimi giorni si è inserito un nuovo elemento. Il membro olandese del consiglio direttivo della Bce, Nout Wellink, si è di fatto autocandidato. Al Wall Street Journal ha parlato della possibilità di restare ai vertici della Bce solo per metà mandato, dando in questo modo tempo ai tedeschi di trovare un nome forte su cui puntare dopo l’uscita di scena di Weber: «non si deve dimenticare – ha anche aggiunto – che Wim Duisenberg non è rimasto per l’intero mandato» di otto anni, riferendosi al primo presidente della Bce e di fatto rispondendo a una dichiarazione del ministro delle Finanze di Amsterdam, Jan Krees de Jager, il quale poche settimane fa ha definito Wellink un candidato poso probabile anche in virtu’ del fatto che Duiseberg fosse di origine olandese.
Draghi resta comunque, al momento, il candidato ritenuto più forte. Un sondaggio Reuters ha visto 29 economisti internazionali, su 45 intervistati, votare per lui. Al secondo posto, con sei preferenze, il numero uno della banca centrale finlandese, Erkki Liikanen, seguito dal collega lussemburghese Yves Mersch, che ha avuto cinque indicazioni favorevoli. Ma nei giorni scorsi sia il Lussemburgo che la Finlandia si sono tirati fuori dalla corsa.
Altri nomi emersi sono quelli di Juergen Stark, membro del board della Bce, e Klaus Regling capo dell’European Financial Stability Facility. Sono entrambi tedeschi, a ulteriore dimostrazione del fatto che questa è ormai una partita fra Italia e Germania. Ma proprio la recente nomina di Weidmann alla Bundesbank allontana l’ipotesi, anche in considerazione del fatto che la Germania ha già due posti in consiglio (il già citato Stark e Weidmann, che entrerà dal 30 aprile) e quindi difficilmente potrà aspirare alla presidenza.