Mentre combatte contro l’incubo nucleare, il Giappone è anche alle prese con le conseguenze economiche del terremoto e dello tsunami dello scorso 11 marzo. Oggi la Toyota ha annunciato uno stop produttivo per alcuni giorni in cinque impianti europei, determinato dalla difficoltà delle forniture di componenti. Le fabbriche, due in Gran Bretagna e le altre in Francia, Polonia e Turchia, resteranno chiuse per alcuni giorni fra fine aprile e inizio maggio. Un’analoga decisione era stata annunciata nei giorni scorsi in Nord America.
Didier Leroy, presidente e Ceo di Toyota Europa, spiega: «Nonostante la maggior parte dei componenti dei nostri veicoli arrivi da fornitori europei, Toyota sta riscontrando alcune difficoltà nella catena di fornitura interna a causa della situazione giapponese». Non ci saranno interruzioni delle consegne dei veicoli ai clienti. Eventuali decisioni sulla produzione nei prossimi mesi saranno effettuate più avanti in base alla situazione delle forniture. Nei giorni scorsi in Nord America l’azienda aveva parlato di possibili problemi nel flusso delle forniture fino al mese di luglio.
La casa automobilistica ha annunciato la scorsa settimana che la produzione in tutti gli impianti giapponesi, fermati a causa del terremoto, riprenderà a partire dal 17 aprile, pur se con un ritmo ridotto del 50%. Anche Nissan sta riprendendo a produrre in questi giorni.
Le grandi imprese nipponiche mettono in campo sforzi notevoli per superare la difficoltà, mentre gli economisti si interrogano su quali sarà, nel breve e nel lungo termine, l’impatto del cataclisma che ha colpito il Paese.
Proprio oggi il governo di Tokyo per la prima volta in sei mesi ha rivisto al ribasso le previsioni sull’economia, dopo che lo aveva già fatto la scorsa settimana la Banca Centrale del Giappone. Nel rapporto mensile di aprile, l’esecutivo rileva che l’economia «sta mostrando segnali di debolezza a causa degli effetti del terremoto».
Fra i maggiori problemi la carenza di elettricità e il maggior fattore di incertezza è determinato dalla tempistica relativa alla ripresa delle regolari forniture energetiche. Sono state riviste al ribasso le valutazioni su elementi chiave, come esportazioni, produzione industriale e consumi. Il Governo comunque ritiene che la ripresa possa arrivare entro la fine dell’anno.
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha appena rivisto al ribasso le previsioni di crescita sul Giappone, portandole all’1,4% per il 2011 (contro il precedente 1,6% comunicato a gennaio). Ma gli economisti del Fmi sono ottimisti sulle capacità di ripresa del governo nipponico, e hanno alzato le stime per il 2012 di tre decimi di punto, al 2,1%.
Tutte le previsioni, in realtà, contengono una serie di richiami alla prudenza determinati dal fatto che ancora non esistono stime precise dei danni causati dal terremoto e dallo tsunami, per non parlare dell’impatto della crisi nucleare ancora in corso.
Vale la pena di citare alcune cifre fornite all’inizio di questo mese di aprile dall’economista nipponico Takatoshi Ito, secondo il quale i danni relativi a terremoto e tsunami hanno un impatto pari al 5% del Pil. Ito ha fornito una sintetica analisi della situazione: «la ricostruzione può avvenire in due-tre anni, i mercati finanziari funzionano e il settore pubblico e privato sono in grado di sostenere gli sforzi finanziari richiesti». L’economista ritiene che la situazione potrà essere affrontata emettendo titoli di stato e incrementando le tasse e stima che l’economia tornerà a crescere nella seconda parte dell’anno e nel 2012.