L’Italia non è la Grecia. È questo il messaggio che le autorità europee stanno ripetendo a più riprese e in modi diversi negli ultimi giorni e nelle ultime ore. Oggi segnali forti e chiari sono arrivati dalla Germania: la cancelliera tedesca Angela Merkel ha reso noto di aver personalmente parlato al telefono con il premier Silvio Berlusconi esprimendogli fiducia nella manovra italiana, che proprio il ministro delle finanze di Berlino, Wolfgang Schaeuble, ha a sua volta definito “molto convincente”, aggiungendo che “l’Italia è sulla strada giusta”. Ma sui mercati dopo il venerdì nero con cui si è conclusa la scorsa settimana prosegue la pesantissima ondata di ribassi. Per non parlare del differenziale fra i titoli di stato italiani e il bund tedesco, che tocca nuovi massimi.
Sui mercati, insomma, il rischio paese continua a pesare moltissimo. Anche qui il segnale è chiarissimo: i mercati temono che la crisi del debito contagi l’Italia. E qui la constatazione relativa al fatto che l’Italia non è la Grecia assume anche un altro valore: la Penisola è la terza economia dell’euro, i cui partners non possono permettersi una debacle italiana, ne va della sopravvivenza stessa della moneta unica.
E non a caso oggi la gironata delle massime autorità eurpee è scandita da una fittissima agenda di appuntamenti. Prima un summit fra Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, Jean-Claude Trichet, numero uno della Bce, e Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo. Quindi nel pomeriggio ci sarà l’incontro fra i ministri finanziari di Eurolandia.
In agenda, la crisi greca, non la nuova ondata di speculazione che ha investito l’Italia, ma è certo che il rischio contagio sarà al centro dei pensieri delle istituzioni europee. Anche perchè i mercati lo stanno in qualche modo imponendo: le borse europee viaggiano tutte in perdita, ma Piazza Affari è di gran lunga la peggiore, con un rosso che a metà pomeriggio superava il 3%. E a fotografare il timore del rischio paese c’è lo spread fra i Btp e il Bund tedesco, che ha toccato i 290 punti base. Il rendimento sul titolo italiano a dieci anni è salito al 5,565%, il massimo dal maggio 2001.
L’Europa è chiamata per l’ennesima volta nell’ultimo anno a dare risposte chiare e incisive sul modo in cui intende risolvere una crisi del debito che si avvicina al cuore del sistema della moneta unica.
Le ipotesi sul tavolo sono quelle di cui si è abbondantemente parlato nelle ultime settimane: la ristrutturazione del debito greco, il cosiddetto “rollover” che prevede l’ingresso dei privati in un riscadenziamento dei titoli, un nuovo piano di aiuti. Il problema è quello di mettere a punto un meccanismo che riesca effettivamente a disinnescare la spirale della sfiducia dei mercati. Il tutto, evitando il default, secondo la linea dettata dalla Bce e portata avanti da diversi paesi, Germania in primis.
In quest’ottica va letto probabilmente lo sforzo della Germania di fare quadrato intorno all’Italia, sollecitando contemporaneamente da parte della Penisola “segnali urgenti” sul fronte della riduzione del deficit.
Un “impegno di coesione nazionale” viene chiesto anche dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha parlato delle “difficili prove” rappresentate dalla congiuntura economica in occasione della cerimonia per i cento anni del Viminale.
Nel fine settimana la Consob è intervenuta con un provvedimento che a partire da oggi rende trasparenti le vendite allo scoperto, obbligando chi fa questo tipo di operazioni (di fatto, speculazioni al ribasso) a una serie di obblighi di comunicazione al mercato.
In Europa, si registra la posizione espressa da Michel Barnier, commissario Ue al mercato, il quale vuole sottoporre all’attenzione dell’Ecofin il divieto per le agenzie di rating di fare analisi sui paesi oggetti di aiuti internazionali.