Susanna Camusso è la prima donna della storia a capo della Cgil. E a chi, a partire da Cisl e Uil, ha criticato il suo sindacato per aver indetto lo sciopero generale di oggi, risponde prendendo in prestito quello che negli ultimi mesi è un po’ diventato lo slogan della protesta trasversale delle donne per i diritti: «Se non ora quando?». La giornata è caratterizzata da centinaia di cortei in tutte le città italiane. «No all’articolo 8 della manovra bis, quello che mette in discussione l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, no alla perdita di diritti, sì a una manovra più equa, che contenta misure che facciano pagare chi non ha pagato» spiega il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini.
Questi i punti principali della piattaforma intorno a cui la Cgil ha indetto lo sciopero, un’agitazione che comunque è rivolta a protestare contro l’intero impianto della manovra finanziaria bis. Una manovra che Susanna Camusso, nel corso del comizio con cui ha concluso il corteo di Roma, ha definito «ingiusta e totalmente irresponsabile perchè scarica tutti i conti sul pubblico impiego». E ancora: «Non c’è l’idea su quale sia il futuro del paese e la sua crescita». La Cgil chiede «una redistribuzione dei carichi perchè per chi non ha mai pagato nulla ora è arrivato il momento di farlo. Siamo convinti che si possa fare una manovra più equa che cancelli l’articolo 8 che è solo un danno al lavoro». Altra forte richiesta della Camusso: «Un piano straordinario per l’occupazione dei giovani». Anche «per i tanti giovani migranti nati in questo Paese».
E nelle piazze d’Italia oggi c’erano tanti giovani. A Roma, e in altre città, si sono travestiti da “Mr Burns”, l’imprenditore cattivo dei Simpson, e hanno dato vita a un’ironica raccolta di firme per una deroga allo Statuto dei Lavoratori accampando le motivazioni più assurde. E c’erano anche i migranti, ad esempio a Bari, per dire no al caporalato. Nella città pugliese hanno sfilato con un adesivo: «Capo nero no buono», denunciando il fatto che oggi molti caporali sono a loro volta immigrati.
Fra i temi della giornata, senz’altro la spaccatura fra le sigle sindacali. Come detto, la signora Camusso ha difeso a spada tratta la scelta dello sciopero generale a differenza dei suoi “colleghi” di altre sigle. «Capisco la protesta, la denuncia, la mobilitazione. Ma lo sciopero generale no. Non possiamo condividere una scelta che indebolisce ulteriormente il paese» aveva dichiarato il leader della Cils, Raffele Bonanni.
In piazza non sono mancati i politici, a partire dal leader del Pd, Pierluigi Bersani, che si è presentato in testa alla manifestazione di Roma. «Credo che sia giusto esserci, come è stato giusto partecipare ad altre iniziative sindacali», come «i presidi della Cisl e della Uil davanti al Senato» o «all’iniziativa contro la manovra fatta ieri dagli enti locali». Dunque, una dichiarazione molto diplomatica, che sposa i contenuti anti manovra della manifestazione ma non si schiera sulla spaccatura fra sindacati.
E, per le strade delle città d’Italia, hanno sfilato striscioni di lavoratori di tante aziende: la Vinyls di Mestre (i cui dipendenti nei mesi scorsi hanno dato vita a iniziative per salvare l’azienda, come le settimana in cima alla fiaccola), ma per restare in Veneto anche i registi e gli attori della Mostra del Cinema. A Potenza, in Basilicata, corteo aperto dai lavoratori della Ciccolella, produttore di fiori, mentre a Matera in testa alla manifestazione i colleghi della Metaponto Agrobios, punta di eccellenza nella ricerca a rischio chiusura per mancanza di fondi. In Umbria gli striscioni dei dipendenti della Thyssen, a Milano striscioni di Esselunga, Carrefour, Innse, Ikea, McDonald, Autogrill. Ma anche la Scala. E un po’ ovunque, folta presenza dei lavoratori del pubblico impiego. In piazza anche molti rappresentati delle autorità locali del centro sinistra.