“La necessità di rafforzare la governance economica è la prima lezione della crisi“. Jean Claude Trichet nel suo ultimo discorso da presidente della Banca Centrale Europea, ha insisitito sulla necessità, per l’Europa, di dotarsi di istituzioni politiche che portino a una vera unione economica. Il successore di Trichet, l’attuale governatore Mario Draghi, si insedierà ufficialmente a Francoforte il primo novembre.
Ma ieri c’è stato il passaggio simbolico, con Trichet che ha consegnato a Draghi la campana di legno e ottone che segna l’inizio delle riunioni del consiglio esecutivo della Bce. E ci sono stati i discorsi ufficiali dei due banchieri che si avvicendano, dei capi di stato europei e delle molteplici autorità che erano presenti alla cerimonia, che fra l’altro ha anche segnato l’inizio delle Giornate della Cultura della Bce, quest’anno dedicate all’Italia (ieri sera, il concerto inaugurale diretto da Claudio Abbado).
E il discorso di addio di Trichet non ha sottovalutato l’elemento culturale che ha caratterizzato la giornata e che fa parte delle caratteristiche di quell’Europa di cui è stato banchiere centrale per otto anni. Così come non si è sottratto alla “responsabilità” di fornire una sua lettura personale della crisi economica che l’Europa e il mondo stanno attraversando, e di proporre la sua ricetta.
Come detto, l’elemento su cui ha insistito è più “politico” che non economico, e riguarda appunto la governance europea. La crisi, fra le altre cose, ha fatto emergere quella che Trichet definisce «la maggior debolezza» dell’Europa della moneta unica, ovvero la «governance insufficiente».
E allora, come dovrebbe concretizzarsi questa governance europea? Non ci vuole «necessariamente un ministro delle Finanze che amministri un budget federale», ipotizza Trichet (dopo aver premesso che si tratta di una sua opinione personale, non di un indirizzo della Bce) ma un’istituzione che abbia «diretta responsabilità in almeno tre campi: primo, la rigorosa sorveglianza delle politiche fiscali e di quelle per la competitività, con la possibilità, in casi eccezionali, di prendere decisioni immediatamente applicabili in una particolare economia che potesse mettere in pericolo la stabilità finanziaria della zona euro». Secondo, responsabilità esecutive in relazione a un sistema finanziario che deve raggiungere una completa integrazione. Terzo, «la rappresentanza dell’Unione presso le istituzioni finanziarie internazionali».
Trichet ha esposto questa ricetta in un discorso costruito in modo molto attento anche intorno alla tradizione della cultura europea. In una sorta di par condicio culturale, il banchiere ha citato un filosofo ed economista tedesco, Max Weber, con la sua teoria dell’etica della responsabilità, un politico francese, uno dei padri dell’Europa, Jean Monnet. E la parte finale del discorso è stata dedicata a un politico e personaggio storico italiano, Alcide De Gasperi, e alla sua frase: «E’ la volontà politica di realizzare l’Unione che deve essere il fattore determinante, la forza di propulsione».
Un omaggio all’Italia e anche al suo successore, Mario Draghi, il quale non ha mancato di ringraziare profondamente Trichet per il lavoro svolto, definendolo un «civil servant, uno statista, un banchiere centrale e un uomo di cultura», ne ha sottolneato la brillante carriera, le capacità, e le «straordinarie qualità umane».
Passaggio del testimone avvenuto, adesso sarà Draghi a fronteggiare da banchiere centrale la crisi del debito in un’Europa che ancora non sembra avere trovato la ricetta giusta per uscirne.