Questa volta, sul fronte della crisi del debito europea, la giornata è stata da cardiopalma in senso positivo. Due le notizie fondamentali: la Bce guidata da Mario Draghi con una mossa del tutto inattesa ha abbassato i tassi dello 0,25%. E la Grecia ha fatto un passo indietro rinunciando a quel referendum sul piano anti-crisi europero che martedì scorso ha fatto tremare i mercati di mezzo pianeta. Risultato: le borse chiudono con segni ampiamente positivi. E c’è anche il capitolo tutto italiano di questa crisi, con il premier Silvio Berlusconi che ha illustrato ai partner di Bruxelles il maxi-emendamento anti crisi. Sul quale al Senato il governo metterà la fiducia.
Andiamo con ordine, iniziando con l’esordio col botto di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Costo del denaro in Europa abbassato di un quarto di punto, il tasso di rifinanziamento scende all’1,25% (dal precednete 1,5%). Riduzione analoga per il tasso marginale che passa al 2% e quello sui depositi che allo 0,5%.
Mercati colti completamente di sorpresa, la stragrande maggioranza degli analisti commenta che la decisione non era per niente attesa. La reazione dei listini è positiva. Certo, la decisione del board della Bce significa che i banchieri centrali stanno prendendo molto sul serio i rischi di questa crisi del debito. Lo stesso Draghi, nella tradizionale conferenza che segue il board della Bce (la sua prima da presidente) ha sintetizzato: «Quello che al momento osserviamo è una crescita lenta destinata a moderata recessione». Una debolezza sul fronte della crescita che ha spinto i banchieri centrali a tagliare i tassi pur davanti a un’inflazione che è rimasta elevata. Comunque Draghi ha sottolineato che l’inflazione dovrebbe scendere sotto il 2% nel 2012.
La priorità, dunque, è la crescita anche per l’Europa (oltre che per l’Italia). Un’Europa che oggi registra anche il passo indietro della Grecia sul referendum. La decisione è maturata dopo il vertice di ieri a Cannes, alla vigilia del G20, fra il premier greco George Papandreou, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicholas Sarkozy: i leader europei hanno bloccato la sesta tranche di aiuti alla Grecia in attesa del risultato di un referendum che creava incertezza addirittura sulla permanenza di Atene in Eurolandia.
Oggi Papandreu è tornato in Grecia, dove ha affrontato la fortissima critica del suo stesso partito, con ben quattro ministri, compreso il titolare alle Finanze, Evangelos Venizelos, contrari al referendum. Risultato: marcia indietro sul referendum, e rischio di caduta del governo che domani si presenta in Parlamento per il voto di fiducia. Fra gli scenari possibili, quello di un governo di unità nazionale oppure un appoggio esterno dell’opposizione sui temi di politica economica.
Mentre tutto questo succede in Europa, l’Italia è alle prese con il piano anti crisi che il premier Berlusconi ha illustrato ai partner europei ai margini del G20: misure sul mercato del lavoro, che pero’ andranno discusse con i sindacati e le parti sociali, dismissioni, liberalizzazioni. Questi i punti centrali di un piano che ancora non si conosce ella sua formulazione. L’unica certezza: sarà presentato sotto forma di maxi-emendamento alla Legge di Stabilità e verrà blindato dal voto di fiducia. I tempi sono stati indicati dallo stesso premier, Silvio Berlusconi: il maxi-emendamento anti-crisi arriverà in aula al Senato fra martedì e mercoledì prossimi, e il voto, su cui il governo chiederà la fiducia, è atteso in 10-15 giorni.