Il primo campenello d’allarme, se così si può chiamare, l’ha suonato il Centro Studi di Confindustria la scorsa settimana: nel terzo trimestre del 2011 l’Italia è entrata in recessione, nel 2012 sarà negativo il pil dell’intero anno, diceva il report di Viale dell’Astronomia. E ora, arriva anche la conferma dell’Istat: il terzo trimestre 2011 è stato recessivo, il prodotto interno lordo ha segnato una flessione dello 0,2% rispetto al trimestre precedente.
E’ la prima volta che il pil segna un calo congiunturale dall’ultimo trimestre del 2009. Quando sembrava di potersi lasciare alle spalle una crisi che, invece, si stava solo trasformando: dalla crisi dei mutui, del fallimento di Lehman Brothers, dei titoli tossici che hanno colpito i bilanci delle banche salvate in diversi casi dagli Stati, a quella del debito sovrano, con centro in Europa. E su questo fronte, in Italia e in Europa, il capitolo finale non è ancora stato scritto.
Tornando all’Istat, la flessione dello 0,2% del periodo luglio-settembre è da riferirsi al confronto con il trimestre precedente, mentre rispetto all’analogo periodo 2010 c’è una crescita dello 0,2%. Il pil per l’intero 2011 è visto allo 0,5%, ma certo questo dato dipenderà molto da come andrà il quarto trimestre.
Su questo, l’Istat non fornisce dati, ma in generale le previsioni degli economisti non sembrano particolarmente rosee. Chiara Corsa di Unicredit prevede «una caduta del pil dello 0,6% nel quatro trimestre», Paolo Mameli di IntesaSanPaolo ritiene che la contrazione del pil sia «uno scenario con cui ci confronteremo nei prossimi 3-4 trimestri». Le previsioni diffuse la scorsa settimana da Confindustria vedevano un quarto trimestre in flessione dello 0,7%.
Insomma, sembra che siamo destinati a iniziare il 2012 in piena recessione, e sempre facendo riferimento a Confindustria, il segno più davanti al pil tornerà solo l’estate prossima, mentre il primo trimestre del 2012 rischia di essere il più duro.
Ma torniamo all’Istat. Intanto per sottolineare che l’andamento italiano di questo terzo trimestre 2011 è fra i peggiori d’Europa e del mondo. In Eurolandia il pil è aumentato su base congiunturale dello 0,2%, in Germania è salito dello 0,5%, in Francia dello 0,4%. Fuori dalla moneta unica, la Gran Bretagna ha segnato un +0,5%, come gli Stati Uniti, mentre il Giappone è cresciuto dell’1,5%.
La variazione tendenziale, positiva anche in Italia per lo 0,2%, altrove è molto più marcata: +1,4% fra i partner dell’Euro, +2,6% in Germania, +1,6% in Francia, + 0,5% in Gran Bretagna, +1,5% negli Usa, mentre questo dato è negativo in Giappone, dove rispetto all’analogo trimestre del 2010 il periodo luglio-settembre segna una flessione dello 0,2%.
Entrando un po’ più nel dettaglio, in relazione all’Italia, l’Istat segnala che nel periodo in questione «tutte le componenti della domanda interna sono risultate in diminuzione. Le importazioni si sono ridotte dell’1,1%, le esportazioni sono cresciute dell’1,6%». La domanda nazionale, al netto delle scorte, ha sottratto 0,4 punti percentuali al pil (-0,1 i consumi delle famiglie, -0,1 le spese della Pa, -0,2 gli investimenti), mentre la variazione delle scorte ha contribuito negativamente per 0,5 punti. Positivo il contributo della domanda estera netta, +0,8%.