Hi-tech giapponese: fine di un’epoca?

di Roberto Rais

5 Novembre 2012 12:00

Qualcosa sembra essersi incrinato nella solidità dei principali player nipponici del comparto

Hi-tech e Giappone hanno rappresentato, per lungo tempo, un connubio quasi imprescindibile, un sinonimo di accurata garanzia. Ebbene, anche se è probabile che il futuro dell’elettronica di consumo possa parlare ancora a lungo il giapponese, qualcosa sembra essersi incrinato nella solidità dei principali player nipponici del comparto.

Per rendersi conto di quanto stia accadendo nel settore è d’altronde sufficiente dare uno sguardo alle ultime trimestrali da parte di Sharp, Sony e Panasonic, tre dei principali operatori dell’alta tecnologia.

Iniziamo con Sharp, certamente la più sofferente delle tre. Talmente sofferente che lo stesso management si è lasciato espressamente sfuggire, in una nota diramata a poche ore dalla diffusione dei dati della trimestrale, che vi sarebbero “dubbi determinanti” sulla sopravvivenza dell’azienda. Sharp si appresta a condurre il secondo anno di perdite record, che a marzo 2013 (termine dell’esercizio fiscale in corso) dovrebbero ammontare addirittura a 5,6 miliardi di dollari. La causa non è solamente congiunturale: alla crisi internazionale hanno infatti fatto compagnia investimenti non certo propizi sul fronte del segmento degli schermi a cristalli liquidi. Licenziamenti, dismissioni immobiliari, riduzione degli stipendi, ristrutturazione dei prestiti e una sostanziale richiesta di aiuto pubblico sono i principali contorni di una vicenda che rischia di deteriorarsi ulteriormente.

Va un po’ meglio, ma pur sempre in segno negativo, a Sony. La compagnia non riesce ancora a invertire la tendenza che la vede in perdita, ma riesce comunque a contenere l’incidenza del rosso: nel corso dell’ultimo trimestre fiscale, infatti, la società ha conseguito una perdita netta di 15,5 miliardi di yen, contro i 27 miliardi di yen dello stesso periodo del 2011.

Perdita consolidata anche per Panasonic, che dovrebbe chiudere il secondo anno consecutivo con un risultato estremamente deludente, e un segno negativo prima dei 10 miliardi di dollari. La società ha consigliato ai propri stakeholders di abbandonare qualsiasi ipotesi ottimistica circa il ritorno in utile, segnalando altresì come, sui conti societari, stia pesando in maniera fin troppo significativa la svalutazione degli investimenti effettuati nel comparto dei pannelli solari, delle batterie a ioni di litio e dei telefoni cellulari.