Coinvolgere le utenze: guadagno marketing o perdita di tempo?

di Stefano Besana

Ultimamente si sente molto parlare di Social Media Marketing (noi di HTML.it gli abbiamo dedicato anche un recente approfondimento), di Web Reputation, di coinvolgimento dei clienti e delle utenze, di monitoraggio del buzz e del passaparola online.

La domanda che molti potrebbero porsi è: funziona davvero? Ma siamo sicuri che investire in questa direzione sia efficace?

Personalmente sono dell’idea che la risposta a questa domanda possa ottenere due risultati diametralmente opposti: il primo che elenca casi di successo di grosse aziende e grandi nomi che hanno fatto di questo modello un vero e proprio nuovo modello di marketing o di business; e il secondo che invece elenca tutta quella sequela di casi che invece non sono andati come dovevano.

Dove sta – dunque – la chiave di volta di questi modelli? Funzionano o sono solo delle perdite di tempo?

La distinzione che deve essere fatta in questo senso è – credo – di tipo qualitativo: cosa che penso non molte aziende abbiano compreso fino in fondo.
Il bias qualitativo fa la reale differenza tra una campagna gestita bene e che porta dei frutti concreti e una che invece si traduce in una perdita di tempo (di gran lunga superiore, peraltro, a quello investito per le campagne tradizionali).

Qualità  significa che una campagna sui social media non è – e non può essere – limitata alla semplice apertura di account su qualche social-network o qualche piattaforma, non è l’aggiornamento discontinuo dei propri canali di informazione o dei propri canali di dialogo, non è – ancora una volta – la semplice introduzione di una nuova piattaforma nella speranza che tutto cambi.
E’ piuttosto una nuova consapevolezza e un nuovo investimento che riguarda sia la tecnologia che le persone e che è in grado di portare, oltreché guadagni anche innovazione delle proprie pratiche organizzative.

Come sostiene Gianluca Diegoli di Minimarketing: “Campagna” (di marketing) è un termine perfetto: solo non dovrete usarlo nell’accezione del generale, ma in quella del contadino