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Esenzione IRAP: quando c’è autonoma organizzazione

di Noemi Ricci

Pubblicato 20 Maggio 2015
Aggiornato 26 Aprile 2016 09:03

Quello relativo all’autonoma organizzazione è il presupposto impositivo IRAP: vediamo in cosa consiste e le pronunce più rappresentative della Cassazione.

Il presupposto per l’applicazione dell’IRAP è l’ esistenza di una autonoma organizzazione, ovvero sono soggetti ad IRAP i lavoratori autonomi per i quali sussiste il requisito dell’organizzazione autonoma dell’attività, ma stabilire se tale requisito esista o meno non è sempre semplice. Non a caso si tratta di un concetto a lungo dibattuto dalla giurisprudenza e fonte di anni di contenzioso in sede tributaria tra contribuenti e Amministrazione finanziaria.

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In generale il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:

  • è responsabile dell’organizzazione;
  • non è inserito in strutture organizzative riferibili a responsabilità e interessi altrui;
  • impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività  in assenza di organizzazione o si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui.

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Diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno fornito una serie di precedenti giurisprudenziali relativi al concetto di autonoma organizzazione:

  • organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente” e non, quindi, “un mero ausilio della attività personale, simile a quello di cui abitualmente dispongono anche soggetti esclusi dalla applicazione dell’IRAP” (sentenza 3672/07);
  • “un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui” (sentenza 3673/07);
  • “un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall’impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l’attività intellettuale del singolo” vale a dire, una “struttura riferibile alla combinazione di fattori produttivi, funzionale all’attività del titolare” (sentenza 3675/07);
  • “uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità», quindi un qualcosa in più (quid pluris) che «sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista” (sentenza 3676/07);
  • “una struttura organizzativa “esterna” del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero ed importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how” (sentenza 3678/07).

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