Condono IVA disapplicabile in Cassazione

di Francesca Vinciarelli

6 Giugno 2012 11:15

Il condono IVA e le misure nazionali in contrasto con quelle comunitarie possono essere disapplicate nel giudizio di legittimità: è il caso dello Stato che rinunci all'accertamento e/o alla riscossione di tributi e sanzioni: la sentenza della Corte di Cassazione.

Il condono IVA, ma più in generale le norme di uno Stato Membro, quale è l’Italia, contrarie alle disposizioni europee sono disapplicabili anche d’ufficio dal giudice, anche in Cassazione. È quanto emerge dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8110.

La priorità è assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie aventi un rango preminente rispetto a quelle degli Stati Membri.

Nel caso in esame si fa riferimento alle norme europee contenute nella direttiva comunitaria 388/1977, che rendono illegittima la rinuncia definitiva di uno Stato alla riscossione di un’imposta e all’accertamento di operazioni imponibili.

Dunque il condono IVA previsto dall’articolo 9-bis della legge n. 289/2002 sarebbe in contrasto con i principi stabiliti dal diritto comunitario e con esso lo Stato italiano avrebbe infranto gli obblighi comunitari di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia di IVA.

Il giudice di legittimità ha poi chiarito: «deve ritenersi che detta pronuncia abbia una portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale (a carattere sia legislativo che amministrativo), con la quale lo Stato membro rinunci in via generale, o in modo indiscriminato, all’accertamento e/o alla riscossione di tutto o parte dell’imposta dovuta, oltre che delle sanzioni per la relativa violazione, trattandosi di misure di carattere dissuasivo e repressivo, la cui funzione è quella di determinare il corretto adempimento di un obbligo nascente dal diritto comunitario (cfr. Cass. 20068/09, Cass. S.U. 3674/10)».

«Ne discende che va disapplicato, per contrasto con il diritto comunitario cogente, sebbene con riferimento alla sola IVA, la L. n. 289/2002, art. 9 bis, che, consentendo di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento del tributo, comporta una rinuncia definitiva alle sanzioni che, per il loro carattere dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell’obbligo di pagamento del tributo principale» (cfr Cassazione 19546/11).

Da precisare che la disapplicazione del diritto nazionale può avvenire anche nel giudizio di legittimità.