
Devo procedere alla demolizione di una abitazione fatiscente e ricostruzione di un fabbricato differente in sagoma e volumetria, da destinare a pertinenza della mia abitazione principale. Il DL 76/2020 ha modificato l’art. 3, comma 1), lett. d) del DPR 380/2001 stabilendo che tali lavori sono considerati “ristrutturazione edilizia” e non più “nuova costruzione”. Si chiede pertanto se è corretto recuperare in dichiarazione il 50% dei costi con un limite di spesa di € 96.000 nel 2025, chiedendo altresì l’applicazione dell’IVA agevolata al 10%. Si possono detrarre anche le parcelle dei professionisti pagate con bonifico semplice, non parlante?
Mi sembra che la sua interpretazione sia corretta e che l’intervento da lei configurato rientra nelle ristrutturazioni edilizie e la detrazione nel 2025 resta al 50% nel caso dell’abitazione principale: lei intende adibire l’unità immobiliare a pertinenza della prima casa, di conseguenza mi pare possa utilizzare l’agevolazione fiscale nella misura più conveniente.
Per quanto riguarda l’applicabilità della detrazione alla ristrutturazione di un immobile collabente con modifiche a sagome e volumetria, è proprio la modifica introdotta dal DL 76/2020 alla norma da lei citata a stabilire la legittimità dell’agevolazione. Come si legge nell’articolo 3, comma 1, lettera d) del DPR 380/2001 non c’è un riferimento specifico agli immobili fatiscenti, che però evidentemente non sono esclusi:
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
In ogni caso, lo chiarisce anche la stessa Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello 112/2024, confermando l’applicabilità della detrazione ristrutturazioni edilizie all’ipotesi di un immobile collabente.
Ricordo infine che l’ultima manovra economica ha ridotto nel 2025 la detrazione edilizia al 36%, mantenendola però al 50% per i lavori sulla prima casa. In entrambi i casi, il tetto di spesa resta immutato a 96mila euro. Immutati anche tutti gli altri requisiti sulla tracciabilità dei pagamenti e le diciture in fattura, per renderli inequivocabilmente riconducibili al contribuente che ha pagato i lavori vantando i diritti necessari sull’immobile e specificando la natura degli interventi, che devono ricadere tra quelli ammessi dalla norma di legge in questione.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz