Prodotto, tecnologia, business model: secondo le teorie dell’innovazione sono i tre elementi fondamentali del successo. E, volendo trovare un ambito in cui questi “ingredienti” sono costantemente applicati, Gianmario Verona, titolare della Tim chair in market innovation dell’Università Bocconi, non ha dubbi: le cucine dei grandi chef. Dai quali manager e imprenditori hanno molto da imparare.
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La cucina di un ristorante è un ambiente lavorativo caratterizzato da un alto grado di creatività e contemporaneamente da un codificato sistema gerarchico nell’esecuzione delle ricette. Un sistema, spiega Rossella Cappetta, Dipartimento management e tecnologia Università Bocconi e direttore divisione aster SDA dell’ateneo milanese, che in forza della «coesistenza di creatività e riproduzione accurata è di grande interesse per i manager di impresa», e spesso la cucina è utilizzata come metafora nei laboratori esperienziali delle business school. Il simbolo dell’innovazione di prodotto è il cosiddetto signature dish, un piatto che contraddistingue un particolare chef (il risotto di Marchesi). La tecnologia in cucina si basa su un mix di strumenti tradizionali e ricerca, che riguarda alimenti, ricette, strumenti per prepararle. L’innovazione tecnologica è al centro di fenomeni come la nouvelle cusine, la cucina molecolare. Infine, il business model, che forse è l’apsetto più interessante dal punto di vista della lezione per manager e imprenditori. Gli chef hanno affrontato con spirito innovativo il mercato del terzo millennio: marketing, pubblicità, fomrat etevisivi, editoria, design. Il fenomeno delle star della cucina non è italiano, ma internazionale.
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Il valore dell’alta cucina è, aggiunge Cappetta, è legato a un’alta creatività ma anche a un’organizzazione del lavoro che consente una riproduzione perfettamente accurata dei piatti, grazie a un mix di specializzazione e gerarchia (nella brigata, ognuno ha un ruolo preciso, inserito in una gerarchia). Concludiamo con una ricetta per l’innovazione firmata da Davide Oldani, chef stellato: per me, spiega, «innovare significa conoscere la tradizione e adattarla alle esigenze dell’oggi, che suggeriscono di levare anzichè aggiungere, di privilegiare la qualità alla quantità».