Tratto dallo speciale:

Coronavirus: l’evoluzione del COVID-19

di Anna Fabi

31 Marzo 2020 11:24

L'evoluzione del contagio da Coronavirus in Italia e i provvedimenti presi dal Governo che hanno portato a lockdown del nostro Paese.

La lotta dell’Italia contro il Coronavirus è partita ad inizio 2020, con il primo focolaio evidenziato il 21 febbraio, dopo che il 30 gennaio due turisti provenienti dalla Cina e transitati per Milano sono risultati positivi per il virus SARS-CoV-2 a Roma. Da lì, via via, con il trascorrere dei giorni la diffusione geografica è diventata più importante, fino ad arrivare a parlare di epidemia da COVID-19 (la malattia causata dal Coronavirus). Situazione che ha portato il Governo a prendere delle decisioni importanti, sempre più restrittive, volte a limitare la diffusione del contagio.

Regioni e Comuni hanno emanato ordinanze con le regole da seguire per evitare la diffusione del contagio. Lombardia e Veneto sono state le regioni inizialmente più coinvolte per la presenza di focolai, di conseguenza le misure adottate sono state da subito più rigide, la blindatura ha poi visto interessati in successione i territori dell’Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Liguria, per poi essere estesa all’intero territorio nazionale. Ma vediamo come è andata.

Andamento del Coronavirus e misure di contenimento

Il primo segnale forte che la situazione legata al contagio da Coronavirus stesse prendendo in Italia una brutta piega è arrivato i primi di marzo, con il decreto Conte contenente le prime misure restrittive a livello nazionale.

In particolare il DPCM del 4 marzo imponeva di chiudere le scuole (inizialmente solo fino al 15 marzo), di ogni ordine e grado e le università, la chiusura delle porte di tutti gli stadi a livello nazionale fino al 3 aprile, insieme a limitazioni all’accesso di parenti e visitatori alle strutture sanitarie e per gli istituti penitenziari e penali per minori. Viene inoltre caldeggiato fortemente il ricorso allo smart working per tutte quelle realtà che possono essere svolte da remoto e si invita tutta la popolazione a rimanere a casa per evitare di essere contagiati e di contagiare. A cascata, sono stati chiusi sospesi i concorsi pubblici, eventi sportivi e non, tutte le attività prorogabili e molte di quelle non essenziali.

=> Coronavirus: lo smart working è quasi un obbligo

Di lì c’è stato un susseguirsi di decreti d’urgenza, a volte anche criticati, contenenti misure sempre più restrittive: dopo aver blindato le cosiddette zone rosse, si è arrivati al lockdown dell’Italia intera, estendendo di fatto la zona rossa a tutto il Paese, fino al 3 aprile. Una situazione forzata dal sorgere di nuovi focolai in tutta Italia, dovuti anche ad alcuni comportamenti della popolazione poco lungimiranti.

L’11 marzo il “Decreto #IoRestoaCasa“, in vigore fino al 3 aprile 2020 ha sospeso anche tutte le comuni attività commerciali al dettaglio, i servizi di ristorazione, ogni attività non essenziale, comprese le manifestazioni sportive e gli assembramenti di qualunque genere. Sono arrivati di conseguenza gli stop agli adempimenti e alle scadenze fiscale, nonché ai controlli del Fisco, ma anche aiuti economici per le categorie di imprese e lavoratori colpiti duramente da quella che nel frattempo è diventata una pandemia con i Paesi di tutto il mondo che hanno iniziato a seguire le orme dell’Italia, con una crescita esponenziale dei contagi e l’avvio di misure restrittive precauzionali.

Nella tarda serata del 21 marzo 2020 il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato nuove misure più stringenti che prevedono la chiusura di tutte quelle attività non ritenute necessarie per la filiera produttiva italiana in relazione alla situazione contingente. Le imprese che svolgono attività ritenute necessarie e strategiche e che pertanto non sono state sospese devono rispettare i contenuti del “Protocollo condiviso di Regolamentazione delle Misure per il Contrasto e il Contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritto il 14 marzo 2020 fra il Governo e le parti sociali.

Gli spostamenti ora nel nostro Paese devono essere giustificati da esigenze lavorative, situazioni di necessità (tra cui fare la spesa), motivi sanitari da attestare mediante autocertificazione, che può essere resa anche al momento di eventuali controlli, divenuti sempre più rigidi. Il 22 marzo 2020 il ministro della Salute e il ministro dell’Interno hanno emanato una nuova ordinanza che vieta a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in un Comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

=> Coronavirus: sanzioni e arresto per inadempienti

Contagi da COVID-19: la situazione attuale

Oggi i bollettini sul numero dei contagi, decessi e guariti sono un appuntamento quotidiano, visto che si sono ormai registrati oltre 100mila casi totali, più di 10mila decessi, un terzo di quelli a livello mondiale, e circa 15mila guariti.

Lombardia (oltre 40mila casi) Emilia Romagna (oltre 13mila), Veneto e Piemonte (circa 9mila) restano le regioni più colpite, seguite da Toscana (oltre 4mila), Marche (circa 3.700) e Lazio (circa 3mila). Al Sud si è registrata un’impennata di nuovi casi, causata dal grande esodo avvenuto tra il 7 e 9 marzo dalle regioni del nord, epicentro dell’epidemia di Coronavirus, che ora però sembra essere stata contenuta.

Ora si parla di prorogare tutte le misure attualmente in vigore almeno fino al prossimo 18 aprile. Qualcuno prevede che prima di maggio non inizierà il ritorno alla normalità, che comunque sarà lento e graduale.