L’ufficio è il peggior posto per lavorare. Questa in sintesi l’opinione espressa in uno speciale per la CNN, di Jason Fried, co-fondatore e presidente di 37signals, società americana specializzata in strumenti per il lavoro in team e online, e co-autore del libro “Rework“. Il suo libro, Manifesto del Nuovo Imprenditore Minimalista, spiega come cambiare radicalmente il modo di lavorare e di fare impresa.
Le aziende spendono miliardi in affitti, uffici, attrezzature di business per fornire ai dipendenti luoghi di lavoro ideali. Tuttavia, se interpellati su produttività e qualità, tutti concordano nel preferire qualunque altro posto tranne che l’ufficio.
Secondo Fried, purtroppo, le imprese mirano alla quantità senza qualità: l’ufficio rappresenta una “fabbrica di interruzioni” che rende impossibile svolgere un determinato compito con la concentrazione e la cura che meriterebbe: incontri, chiamate e manager che si “affacciano” per controllare l’operato. La giornata lavorativa risulta troppo frammentata, senza lasciare il tempo fisico per lavorare bene.
Una situazione frustrante soprattutto per lavori che richiedono creatività e quindi lunghi periodi di tempo ininterrotto: quindici minuti non sono sufficienti e forse neanche un’ora. La nostra mente ha bisogno di attraversare diverse fasi prima di raggiungere la giusta concentrazione. Come possibili soluzioni Fried propone:
- promuovere in azienda il giovedì del “no-talk”, invece del venerdì casual, una giornata intera in cui in ufficio non si parla, da praticare anche una sola volta al mese così da testarne l’efficacia;
- metodi passivi di comunicazione come la posta elettronica, la messaggistica istantanea, i software di collaborazione, così da eliminare le interruzioni faccia a faccia impossibili da evitare
- Cancellare ogni tanto la “prossima riunione” così da guadagnare almeno un’ora di lavoro tranquilli, ovviamente senza esagerare e senza boicottarle tutte. Questo contribuirà anche a far comprendere all’azienda la scarsa efficacia delle riunioni, portandole con il tempo ad essere considerate l’ultima risorsa e non la prima come accade solitamente.