Riforma Lavoro, incentivi all’esodo e pensione anticipata: le novità

di Noemi Ricci

Pubblicato 24 Ottobre 2012
Aggiornato 27 Giugno 2013 08:59

La Riforma del Lavoro Fornero ha modificato le norme per l’incentivo all’esodo con possibilità di pensione anticipata: ecco le novità per datori di lavoro e lavoratori prossimi alla pensione.

In un periodo in cui al centro dell’attenzione c’è la questione dei lavoratori esodati (scopri per chi c’è la copertura) è opportuno analizzare le nuove norme che prevedono un incentivo all’esodo contenute nella Riforma del Lavoro (Legge n. 92 del 28/06/2012, articolo 4 commi da 1 a 7).

Queste, garantiscono l’accesso alla pensione anticipata per coloro che sono ormai prossimi al raggiungimento dei requisiti per l’ottenimento dell’assegno previdenziale, evitando di generare un nuovo “fenomeno esodati”.

=> Leggi le novità sulla pensione anticipata nella Riforma Fornero

Requisiti aziendali

La norma riguarda le aziende con “mediamente più di 15 dipendenti” che sottoscrivono – spesso perché sottoposte a processi di ristrutturazione – accordi per la definizione di piani di esubero attraverso forme di incentivi all’esodo, i cui termini siano stati pattuiti con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale e riguardanti i lavoratori più anziani.

Requisiti per esodati

Per lavoratori prossimi al pensionamento – ai quali viene concesso il pensionamento anticipato – la norma intende coloro che matureranno i requisiti per la pensione di vecchiaia nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, restringendo così il campo rispetto a quanto concesso precedentemente alla Riforma del Lavoro del ministro Fornero.

Non sono invece previsti requisiti a livello di anzianità contributiva minima dei lavoratori (prima della riforma del lavoro era di 29 anni).

=> Consulta le nuove regole introdotte dalla Riforma del Lavoro

Doveri del datore di lavoro

Per quanto concerne le prestazioni erogate, il datore di lavoro è chiamato a garantire un importo almeno “pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento”. Sarà lo stesso Istituto a definire il quantum dovuto dall’azienda, ovvero a calcolare l’importo della pensione maturato dal lavoratore.

Quella che il datore di lavoro continuerà a versare all’INPS è una contribuzione figurativa, prevista dal comma 5. Il comma 3 prevede invece che per dare efficacia all’accordo il datore di lavoro dovrà presentare “apposita domanda all’INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi”.

Una delle novità introdotte dalla riforma del lavoro riguarda il caso in cui il datore di lavoro risulti mensilmente inadempiente ai doveri indicati nell’accordo: in questo caso “l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni”. Dunque non varrà più i il principio della “automaticità delle prestazioni“.

Perché vengano applicate queste norme, tuttavia, è necessario che l’INPS renda note le disposizioni applicative.