Fondi Pensione e TFR, rendimenti a confronto

di Anna Fabi

Pubblicato 13 Ottobre 2023
Aggiornato 17 Ottobre 2023 14:42

Rendimenti in calo per i fondi pensione rispetto al TFR nel 2022 ma nel primo semestre 2023 è scattata la rimonta e il sorpasso: il confronto.

Dopo un 2022 da dimenticare, il primo semestre 2023 ha segnato il grande ritorno dei fondi pensione, con rendimenti in marcato aumento, soprattutto nell’analisi a 10 anni, che ha riscritto il confronto con il TFR. ridimensionato dall’inflazione.

Vediamo i primi dati 2023 in relazione ai fondi pensione e quelli più approfonditi per l’intero 2022 riguardo alla previdenza complementare.

Previdenza complementare: rimonta 2023 sul TFR

Secondo i dati preliminari COVIP, i rendimenti medi registrati dai fondi aperti azionari sono cresciuti dello 0,5%, passando dal 4,9% al 5,4%. I PIP assicurativi azionari dal 4,7% al 5,2%. I fondi bilanciati hanno segnato una crescita del rendimenti pari a 0,3 punti percentuali per i fondi aperti e per i PIP.

Inversione di tendenza rispetto al 2022

Nel 2022, le turbolenze finanziarie sono alla base del calo dei rendimenti: perdita del 9,8% dei fondi negoziali, del 10,7% dei fondi aperti e dell’11,5% dei PIP nuovi. Il TFR si è invece rivalutato dell’8,3%. Il confronto con il trattamento di fine rapporto vede la previdenza complementare in svantaggio anche su periodi più lunghi: a 3, 5, 10 e 20 anni. Fra l’altro, se il TFR pur salendo negli ultimi anni non ha recuperato l’inflazione, sul medio periodo invece assicura rendimenti che proteggono il capitale dall’andamento dell’indice dei prezzi al consumo.

Iscritti e contributi: analisi di scenario

Facendo riferimento ai dati definitivi di fine 2022, il totale degli iscritti è di 9,2 milioni, in crescita del 5,4% rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 36,2% sul totale delle forze di lavoro. I fondi negoziali contano 3,7 milioni di iscritti, quasi 1,8 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,5 milioni ai PIP “nuovi”. Restano 650mila iscritti ai fondi preesistenti.

L’analisi di questi dati evidenzia che restano però tutte le criticità già rilevate negli anni scorsi. Gli uomini sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). La distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 48,9% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 32,3% ha almeno 55 anni e solo il 18,8% è sotto i 35 anni. Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57,1%).

In crescita anche i contributi incassati nel 2022, pari a circa 18,2 miliardi di euro. 6,1 miliardi ai fondi negoziali (+4,6%), 2,8 miliardi ai fondi aperti (+7,8%), 5 miliardi ai PIP (+2,4%) e 4,1 miliardi ai fondi preesistenti (+1,5%).

Risorse dei fondi pensione

A causa dell’andamento negativo dei mercati, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari nel 2022 si sono attestate a 205,6 miliardi di euro, in calo del 3,6%.

Altra criticità su questo fronte, gli iscritti non versanti (o per i quali comunque non sono stati effettuati versamenti), è pari a circa 2,5 milioni: questo andamento è più frequente nelle forme di mercato e tra i lavoratori autonomi, anche se una parte cospicua è costituita da lavoratori dipendenti iscritti a fondi pensione negoziali con modalità contrattuale, con particolare riguardo ad ambiti, come il settore edile, il cui bacino è caratterizzato da elevata discontinuità occupazionale.

Prestazioni erogate

Le voci di uscita per la gestione previdenziale 2022 ammontavano a 11,2 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 4,6 miliardi di euro e in rendita per 440 milioni di euro. I riscatti sono pari a 2 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,3 miliardi di euro.

Nell’anno sono stati erogati circa 1,6 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più concentrati nei fondi pensione preesistenti.

Gli investimenti dei fondi pensione

Analizzando i dati di fine 2022, l’allocazione degli investimenti resta in gran parte concentrata sui titoli di stato (54,6%): il 5,4% sono titoli del debito pubblico italiano. In calo al 20% anche i titoli di capitale (rispetto al 22,6% del 2021), le quote di OICR, passate dal 16 al 15,3%. I depositi si attestano al 6,5%. Marginali gli investimenti immobiliari, rappresentano circa l’1,9% del patrimonio.

Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 35,5 miliardi di euro, pari al 20,9% del patrimonio, in calo sia in valore assoluto sia in termini percentuali rispetto al 2021 (rispettivamente, 40 miliardi e 22,7%). E i titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore, a 26,1 miliardi di euro.

Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono contenuti (4,1 miliardi, meno del 3% delle attività), riflettendo anche le limitate dimensioni del mercato azionario nazionale.