Temporary Manager, ruolo e prospettive

di Maurizio Quarta

2 Gennaio 2017 09:00

Dopo aver analizzato il mercato dal lato della domanda, è ora la volta dell’offerta, ovvero di coloro che fanno di professione il temporary manager

Dopo aver analizzato la percezione ed il ricorso del Temporary Management nelle aziende, per esaminare l’altra faccia della medaglia, faremo riferimento ai risultati di un’indagine internazionale condotta da SMW – Senior Management Worldwide, uno dei gruppi a maggiore copertura internazionale (16 partner attivi in 17 paesi, con progetti gestiti in oltre 40 paesi), con un bacino potenziale di oltre 50.000 manager. L’indagine è stata condotta su una popolazione di oltre 13.000 manager in 12 paesi (Austria, Germania, Belgio, Svizzera, UK, Danimarca, Svezia, Polonia, Ungheria, Francia, Cina e ovviamente Italia) con lo scopo di chiarire chi sono i TMan e che cosa fanno. Il totale dei manager rispondenti è stato di 1.243; l’Italia ha contribuito con le risposte di 152 TMan su circa 800 contattati (una delle redemption in assoluto più alte).

Innanzitutto, il profilo medio che emerge ci parla di: manager di età intorno ai 53 anni, con almeno tre anni di esperienza come TMan, impegnati per circa 200 giorni all’anno (il 66% della popolazione occupato su un progetto al momento della rilevazione), il 55% in ruoli C-level.
Entriamo ora nel vivo dell’analisi comparata.

Gli aspetti personali

Età e genere

Il TMan è nel pensare comune un mondo fatto di over 50 che vendono esperienza: l’indagine conferma in pieno questo fatto, con il 74.8% del campione costituito da over 50, cui l’Italia si allinea con il suo 78%. Un dato interessante riguarda tre paesi dove il mercato del TM è più recente rispetto agli altri: in Polonia, Ungheria e Cina, la fascia degli under 50% è particolarmente rilevante, con percentuali superiori, anche di molto, al 45%. Il TM sembra però essere ovunque un mestiere per soli uomini: infatti, a livello globale, la percentuale femminile è pari al 14%, con l’Italia in retroguardia con un misero 8%, cui fanno da contraltare la Gran Bretagna, la Cina e la Polonia che si avvicinano al 30%.

L’esperienza

L’Italia è ancora un paese giovane: appartiene infatti alla fascia dei paesi in cui una grossa percentuale di manager si colloca in fase di avvio nella professione. Infatti, ben il 59% degli italiani ha un’esperienza come TMan inferiore ai 4 anni (contro il 33% del campione totale), con solo il 22% oltre i dieci anni, a differenza di paesi più evoluti dove le proporzioni esattamente opposte: UK – 27% contro 48%, Belgio – 12% contro 76%,

Gli aspetti operativi

Giorni medi lavorati

Una misura del successo personale come TMan è il tasso di occupazione, ovvero i giorni lavorati su base annua. Così come uno dei rischi principali della professione è quello delle pause, sempre possibili in un mestiere per definizione flessibile. In Italia, la metà dei rispondenti è stata impegnata per meno di 100 giorni nell’anno precedente l’indagine, a fronte di quote molto elevate oltre i 200 giorni in UK (47%), Belgio (70%) e Germania (40%).

Per leggere correttamente il dato, va però ricordato che per molti manager, di elevata seniority e con posizioni personali economico-finanziarie iper-solide, la motivazione a lavorare su progetti specifici è quasi per nulla economica, ma soprattutto di soddisfacimento di bisogni personali di altra natura (autoaffermazione, desiderio di tenersi “vivi”, necessità di scaricare adrenalina, autogratificazione). Molti di questi manager, fanno un progetto quando gli piace alternandolo a occupazioni personali e familiari (i nipoti, la barca).

Cambiamenti nel mercato individuale

Il proprio mercato “personale” è visto stabile/in crescita dal 75% del campione complessivo, mentre i manager italiani sono fermi al 62%. Migliore la visione sui 12 mesi, ove l’Italia è al 70% contro il 76% del campione totale. Interessante il dato sui compensi: mentre solo il 18% del campione riscontra una diminuzione dei compensi, per l’Italia questo valore sale al 35%. Possibile, seppur parziale, spiegazione: il gran numero di manager in cerca di lavoro presenti sul mercato e che tendono ad abbassare i compensi per rientrare nel mercato del lavoro. Contrattualmente parlando, il potere si è spostato dal lato della domanda.

Temporary o permanent?

Oggi uno dei temi più delicati, vista l’attuale congiuntura sfavorevole nel mercato del lavoro. Infatti, il TM sembra essere una sorta di ultima spiaggia per molti dirigenti in mobilità, che scoprono una vocazione improvvisa per la professione, e che lo vedono come un modo per rientrare nel mercato del lavoro, poco consci del fatto che essere stato un buon dirigente è condizione necessaria, ma non sufficiente per essere un buon temporary.

E’ peraltro legittimo che molti manager possano valutare positivamente anche un ruolo permanent: alla domanda se possano essere interessati a tali ruoli, il  43% del campione risponde positivamente (in Italia ancora meno con il 41%). Nei paesi dove il TM ha raggiunto la piena maturità il commitment per la professione è decisamente molto più elevato (es. Germania on il 72% e UK con il 68%).

Ruoli ricoperti

Questo specifico aspetto vede i manager italiani allineati quasi perfettamente con i colleghi esteri:

  • Sia per quanto riguarda gli incarichi a livello di board: componente esecutivo (37%), Presidente (15%), Advisory/supervisory role (34%)
  • Sia per quanto riguarda la tipologia di incarichi a livello più generale: 52% a livello di board (il dato include i CFO), 24% come manager di linea, 24% a livello di NED.

Scendendo ulteriormente nel dettaglio, il grafico che segue illustra le macro area di competenza, che non presentano grandi difformità rispetto ai dati internazionali.

Va sottolineato che il grafico esprime il tipo di esperienza funzionale prevalente, indipendentemente dal ruolo ricoperto (es. un manager di estrazione finanziaria che opera come Direttore Generale o Amministratore Delegato).

Esperienza

Come era lecito attendersi a priori, il peso delle PMI è molto rilevante (vedi grafico). Va rimarcata la sensibile differenza di peso delle aziende sopra i 200 milioni: l’Italia, con il suo 18%, è ben lontana dagli altri grandi paesi europei (Germania, Svizzera e Belgio ben oltre il 35%, ma anche Francia e UK oltre il 27%).

Dimensione_aziendale

Durata dei progetti

Gli italiani paiono lavorare mediamente su progetti più lunghi: i progetti minori di 6 mesi sono oltre il 29% sull’internazionale contro meno del 25% italiano; i progetti superiori ai 9 mesi sono circa il 47% a livello internazionale contro il 65% italiano. La conferma indiretta viene anche dal dato relativo al numero di incarichi degli ultimi tre anni, per cui gli italiani hanno lavorato su 1-2 progetti nel 62% dei casi contro il 53% del campione complessivo. Il peso del part time è maggiore in Italia (33%) rispetto all’estero (25%).

Durata_progetti

I dati italiani sulla durata collimano con le risultanze dell’indagine sulle aziende analizzata più sopra.

Compensi attesi

Gli italiani sembrano costare meno! Oltre il 42% degli intervistati si trova nella fascia di compensi più bassa (660-800 euro/giorno), mentre la percentuale negli altri paesi è decisamente sotto il 30% (esclusa la Polonia). Mentre, ad esempio, oltre il 50% di svizzeri e tedeschi sta nella fasce di compensi sopra i 1.200 euro.

Compenso_atteso