Google Buzz tra privacy, proteste e class action

di Emanuele Menietti

Pubblicato 18 Febbraio 2010
Aggiornato 24 Febbraio 2018 09:56

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Al via una class action contro Google per il nuovo servizio social Buzz. La società è accusata di aver adottato politiche lesive della privacy nei confronti degli utenti. L'iniziativa si aggiunge alle polemiche degli ultimi giorni sulla piattaforma da poco introdotta

A pochi giorni dal debutto, per Google Buzz è già tempo di class action. La società di Mountain View è accusata di aver utilizzato alcuni dati personali degli utenti iscritti al proprio servizio senza una precisa autorizzazione da parte degli stessi. La causa sarebbe stata da poco depositata presso una Corte di San Jose (California) e potrebbe aprire un nuovo fronte legale per Google, da diversi giorni nel mirino degli utenti e delle associazioni a tutela della privacy per l’eccessiva invadenza del nuovo strumento social introdotto in Gmail.

Google Buzz non ha infatti ottenuto l’accoglienza sperata dai responsabili di Mountain View a causa di alcune funzionalità predefinite poco gradite dagli utenti e modificate a tempo di record dal colosso delle ricerche online. Inizialmente il sistema creava automaticamente una lista dei contatti da seguire sulla base della rubrica di Gmail e della frequenza delle conversazioni via chat ed email con gli altri utenti. L’elenco veniva poi pubblicato nella pagina del proprio profilo pubblico di Google account, ma sostanzialmente all’insaputa degli utenti che potevano eliminare la lista solamente in un secondo momento e attraverso un procedimento macchinoso.

Sulla base delle lamentele e delle segnalazioni degli iscritti al servizio, nel corso degli ultimi giorni Google ha apportato numerose modifiche al proprio servizio Buzz per ridurne l’invadenza e rendere la piattaforma maggiormente trasparente. Gli sviluppatori della società hanno così rimosso l’iscrizione in automatico ai profili dei contatti presenti nella rubrica di Gmail, eliminato l’impostazione predefinita per la pubblicazione dell’elenco dei propri follower sui profili pubblici Google e hanno promesso l’introduzione in tempi brevi di un nuovo sistema per disattivare completamente Buzz ed eliminarlo da Gmail.

Nonostante l’ampia serie di provvedimenti assunti e la promessa di offrire maggiore trasparenza, lo scetticismo da parte di numerosi utenti e delle associazioni per la tutela per la privacy non sembra essersi esaurito. La class action da poco avviata, per esempio, accusa la società di Mountain View di aver violato numerose norme che negli Stati Uniti regolano l’utilizzo dei dati personali online, come il Computer Fraud and Abuse Act. I promotori della causa mirano a ottenere nuovi provvedimenti tesi a impedire a Google di mettere in campo iniziative simili in futuro e mirano a ottenere un risarcimento per danni non ancora quantificato.

Stando alle prime informazioni, la class action è stata avviata da una iscritta al servizio di bigG della Florida, Eva Hibnick, supportata dallo studio legale statunitense Audet & Partners LLP. I promotori della causa confidano di poter raccogliere in breve tempo un alto numero di adesioni da parte degli utenti iscritti a Gmail e non soddisfatti dall’introduzione di Google Buzz. Far valere le proprie ragioni dinanzi a una Corte non sarà però semplice considerata la complessità del caso e la difficoltà di dimostrare una effettiva violazione della privacy: molte informazioni messe in evidenza da Buzz erano in realtà già disponibili online, ma avevano meno risalto.

L’annuncio della class action giunge ad alcune ore di distanza da una protesta legata a Google Buzz dell’Electronic Privacy Information Center (EPIC) presso la US Federal Trade Commission. Anche in questo caso la società di Mountain View è accusata di aver adottato pratiche lesive per la privacy degli utenti attraverso il proprio nuovo servizio social. I paladini della privacy hanno richiesto alla FTC di avviare una serie di indagini sulle politiche adottate da Google per Buzz in vista di una possibile modifica della piattaforma.

Infine, l’Office of the Privacy Commissioner of Canada ha confermato di aver avviato una indagine per appurare l’eventuale presenza di pratiche lesive della riservatezza per gli utenti di Buzz. Google avrebbe già avviato i primi contatti con l’Office per chiarire la propria posizione, collaborare alle indagini e preservare dunque la propria immagine nel paese.

Le iniziative da poco messe in campo da semplici cittadini, istituzioni e associazioni per la tutela della privacy potrebbero rallentare la diffusione di Google Buzz e influenzare negativamente la percezione sulla qualità del nuovo servizio da parte degli utenti. Secondo numerosi osservatori, Mountain View avrebbe introdotto con eccessiva fretta e leggerezza la nuova piattaforma portando ad alcuni squilibri in un ecosistema molto gradito come Gmail. Per recuperare terreno e sfidare alcune soluzioni analoghe come FriendFeed, i responsabili di Google dovranno trovare ora il giusto equilibrio per rendere meno invadente Buzz e favorirne una progressiva diffusione online senza forzare la volontà degli iscritti ai propri servizi.