Secondo un recente studio condotto dalla società di consulenze LECG e dalla London School of Economics e riportato anche da PMI, imprese pubbliche e private sottovalutano il potenziale economico derivante da un uso mirato delle comunicazioni elettroniche, frutto di una connettività ormai declinata in molte versioni: network TLC, doppino in rame, fibra ottica, reti wireless.
La copertura in banda larga (fissa, mobile, wireless e IP) è oggi un fattore chiave dell’economia digitale, un ponte per raggiungere utenti e consumatori, una piattaforma di comunicazione per ecosistemi industriali e per l’offerta finale di servizi e applicazioni per singoli utenze private e aziendali. Uno scenario a noi discretamente familiare.
Eppure, secondo la Connectivity Scorecard appena stilata, tra i paesi “guidati dall’innovazione” l’Italia è ancora indietro, ben lungi dall’aver colto i benefici di una connettività a tutto tondo, sia che ci si riferisca alle infrastrutture che agli strumenti informatici e Tlc.
Colpa di politiche troppo poco dinamiche e quadro regolamentare inefficace? In parte. Le polemiche sui ritardi per l’inquadramento normativo del WiMAX costituiscono forse un caso esemplare.
È interessante notare come Paesi all’avanguardia nello sviluppo e nell’impiego delle ICT risultino poi indietro nella classifica: questo perché il criterio di misurazione adottato focalizza espressamente sulla capacità economica di sfruttare tale potenziale.
In cima alla classifica, non a caso, troviamo gli Stati Uniti (6,97 punti su 10), seguiti da Svezia (6,83) e Giappone (6,80). L’Italia è solo dodicesima, con 3,85 punti.
Secondo il professor Leonard Wavermann, responsabile della ricerca, il punto debole rimane la scarsa valutazione economica delle infrastrutture, le cui finalità si fermano in troppi casi ai servizi di base, atti a soddisfare esigenze sociali ma non anche commerciali. In una parola? Connettività 2.0.
La ricetta di Nokia Siemens Network, che ha sponsorizzato lo studio, è quella di una diversa formula negli investimenti, che dovrebbero focalizzarsi su asset complementari e soprattutto sul capitale umano, sulle idee innovative, capaci di monetizzare il capitale infrastrutturale e tecnologico di cui disponiamo.
Non ultimo, attraverso un impiego delle nuove tecnologie di comunicazione finalizzato a migliorare la qualità del lavoro per chi pera nella filiera produttiva dell’ICT, prima ancora dei prodotti e servizi tecnologici da trasformare in fonte di profitto.