Il Procuratore generale dello Stato di New York (USA) torna alla carica e formalizza le accuse contro Intel per concorrenza sleale e comportamento anticompetitivo sul mercato. La decisione del procuratore Andrew Cuomo apre così ufficialmente un nuovo fronte legale per il colosso dei microprocessori, già impegnato in un duro confronto con l’Unione Europea che ha portato fino a ora a una multa da 1,06 miliardi di Euro. Le accuse negli Stati Uniti ricalcano in parte quanto rilevato nel corso degli ultimi mesi dalla UE.
Intel è accusata di aver messo in atto con i produttori di personal computer alcune strategie tese ad aumentare le proprie vendite a scapito della concorrenza. L’indagine dell’Ufficio del procuratore ha richiesto due anni di intenso lavoro e avrebbe messo in evidenza politiche industriali vicine alla corruzione e alla coercizione. La società avrebbe esercitato forti pressioni nei confronti di alcuni protagonisti dell’industria informatica come Hewlett-Packard, Dell e IBM affinché utilizzassero i propri microchip in cambio di diversi miliardi di dollari di pagamenti mascherati da semplici ribassi e sconti sulle forniture.
Secondo Cuomo, Intel avrebbe messo in campo alcune strategie commerciali tese a penalizzare alcuni specifici competitor come AMD, imponendo agli assemblatori di PC di non utilizzare i microchip della concorrenza. La società diede circa 2 miliardi di dollari a Dell nel 2006 attraverso il sistema dei ribassi per fare in modo che il produttore si astenesse dall’utilizzare alcune soluzioni realizzate da AMD. Sempre secondo Cuomo, una politica analoga sarebbe stata messa in campo nei confronti di IBM, che avrebbe ricevuto 130 milioni di dollari per non lanciare un prodotto equipaggiato con i processori AMD. Infine, Intel avrebbe anche minacciato la possibilità di abbandonare un tavolo di sviluppo comune con Hewlett-Packard se quest’ultima avesse deciso di promuovere nuovi prodotti con le soluzioni AMD.
«Invece di competere onestamente, Intel utilizzò minacce e corruzione per mantenere il proprio ruolo egemone sul mercato. Le azioni di Intel non hanno solamente diminuito la potenziale concorrenza, ma hanno anche arrecato danni al consumatore medio privato di prodotti migliori e dai prezzi più bassi» ha dichiarato Andrew Cuomo durante la presentazione delle accuse formulate nei confronti del produttore di microchip.
Analogamente al caso europeo, la maggior parte delle prove sulla condotta di Intel derivano dai messaggi di posta elettronica tra i manager delle società coinvolte. Nel 2005 il CEO di Intel, Paul Otellini rispondeva a una email ricevuta dal CEO di Dell, Michael S. Dell, nella quale si faceva cenno alle prestazioni non esaltanti della società, ricordando il miliardo di dollari elargito come compensazione: «La cifra era stata giudicata dal tuo team più che sufficiente per compensare i problemi legati alla competitività».
Le accuse del Procuratore generale di New York sono state respinte da Intel, interessata a difendere il proprio operato e la propria immagine. La società si è detta pronta per avviare una collaborazione, ma la strada verso le aule di tribunale sembra essere ormai segnata. Al momento i produttori di personal computer si trincerano dietro i no comment di rito, ma se chiamati a testimoniare potrebbero fornire ulteriori dettagli sulle politiche giudicate anticompetitive messe in campo da Intel. Secondo gli osservatori, alcune grandi società di computer potrebbero cogliere l’occasione al balzo per scardinare l’attuale sistema e tornare a una competizione più equa sul fronte dell’acquisto dei chip per i loro sistemi.
Intanto, anche la Federal Trade Commission è sulle tracce di Intel. L’importante istituzione aveva aperto un fascicolo e avviato le prime indagini durante lo scorso anno. La raccolta delle prove sarebbe ormai terminata e un pronunciamento da parte dei responsabili della FTC potrebbe arrivare entro le prossime due settimane. Per Intel si potrebbe aprire una stagione invernale molto più calda del previsto.