Marchionne, ok il rigore ma l’economia deve ripartire

di Carlo Lavalle

15 Maggio 2012 13:00

Il manager Fiat esorta il governo a rilanciare l'economia con più investimenti e flessibilità dopo la politica del rigore di Mario Monti.

“Bisogna riavviare la macchina economica: il rigore va bene ma senza un programma di sviluppo il paese rischia”. Questo il senso delle dichiarazioni di Sergio Marchionne giunto a sorpresa al Salone del Libro di Torino per partecipare alla presentazione del libro di Massimo Gramellini “Fai bei sogni”.

Il manager italo-canadese a capo del gruppo Fiat-Chrysler sferza il governo incitandolo ad aprire una seconda fase dopo la prima connotata dall’esigenza di tenere sotto controllo i conti pubblici. “Se continuiamo a metterci a dieta possiamo anche arrivare a morire” – afferma senza mezzi termini.

La sua ricetta per l’Italia prevede più investimenti creando una politica industriale e più flessibilità nell’impresa per fronteggiare la concorrenza straniera. Bisogna mobilitare gli interessi industriali del paese per disegnare un futuro superando l’impasse economico. Marchionne non nasconde le difficoltà di un paese che ha il terzo debito pubblico più grande del mondo “ma bisogna andare avanti, non è certo questo il momento di arrendersi”.

Quanto alla Fiat, l’azienda non chiede aiuti o incentivi al governo e tuttavia denuncia l’incertezza dovuta ad una intensa conflittualità con il sindacato con cui sono aperte 61 cause. Riferendosi anche all’attentato subito dall’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, Marchionne paventa un rischio escalation: “Ogni volta che rientro in Italia sento che c’è un clima molto teso”.

Fiat però nonostante la situazione di tensione vede positivo: “Abbiamo sempre cercato di ragionare in modo costruttivo, sostiene Marchionne – perché crediamo che ci sia un futuro per l’Italia. Purtroppo, invece, appena arrivato dall’America, la settimana scorsa, ho sentito un paio di persone che stranamente continuano a mettere in dubbio lo sforzo che sta facendo la Fiat per industrializzare il paese”.