STMicroelectronics rompe la joint venture con Ericsson, dopo aver ritenuto evidentemente insoddisfacente l’andamento del primo periodo di “matrimonio” con la società. La “colpa” del divorzio tra le due aziende è riconducibile principalmente alla crisi che ha colpito Nokia, con la compagnia finlandese, principale cliente di St-Ericsson, che ha dovuto rivedere radicalmente i ritmi di produzione di smartphone. Ne è derivato un graduale deterioramento dei conti della joint venture, collimate poi con una perdita complessiva pari a 2 miliardi di dollari.
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Per cercare di invertire la tendenza, la joint venture tra le due compagini aveva cercato di intervenire pesantemente sui conti, andando a ridurre le risorse umane di 1.700 unità: proprio il nodo-dipendenti dovrebbe altresì essere uno dei punti focali della definitiva separazione tra le due parti, visto e considerato che Ericsson ha fatto comprendere di non esser disposta ad accollarsi il costo degli oltre 5 mila dipendenti rimasti.
Ci si interroga, a questo punto, sulla possibile sorte della joint venture. La strada più semplice, ma probabilmente più lunga e dispendiosa, passerebbe attraverso una cessione dei singoli asset ai concorrenti: in lista d’attesa potrebbero esservi Intel, Broadcom e Samsung. Ma anche la stessa Ericsson potrebbe essere interessata a trattenere presso di sé alcuni settori, pur lasciando intendere che un’eventuale simile transazione dovrà esser effettuata a margine di un’attenta valutazione.
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Per quanto riguarda invece il destino di Stm, è ben noto che l’azienda franco-italiana sta rivedendo i propri posizionamenti sul mercato, con l’amministratore delegato Carlo Bozotti che ha recentemente precisato come “le linee sono centrate su cinque aree di prodotto: Mems e sensori, potenza intelligente, prodotti automotive, microcontrollori e processori applicativi, includendo l’elettronica di consumo digitale”.
Il riposizionamento andrà poi operato in sinergia con la riduzione dei costi, che dovrebbe indirizzarsi verso una contrazione del dato intorno ai 150 milioni di euro per il 2013. Possibile, riportava Il Giornale nell’edizione di ieri, che l’obiettivo possa essere raggiunto anche attraverso il taglio di una quota del proprio parco risorse umane.