Quando licenziare non si può

di Francesca Vinciarelli

22 Settembre 2015 14:00

Il licenziamento deve essere accompagnato da un giustificato motivo, ecco però tutti i casi in cui il licenziamento è vietato.

Le tipologie di licenziamento sono molteplici, tra queste si trova il licenziamento disciplinare, che deve essere accompagnato da un giustificato motivo.

=> Licenziamento disciplinare 

Il licenziamento disciplinare avviene nel caso in cui il lavoratore viola le norme stabilite dalla legge, dai contratti collettivi e all’interno del codice disciplinare dell’azienda

Il datore di lavoro ha quindi il diritto di licenziare i lavoratori, ma di certo le cause devono essere reali e provate. La legge indica infatti tutti quei casi in qui il licenziamento è vietato.

Il licenziamento è vietato, ma in primis ecco le conseguenze in caso in cui datore di lavoro licenzi per motivi non validi un lavoratore.

Per prima avviene il rientro del lavoratore, successivamente il datore di lavoro al obbligo di effettuare un pagamento di una indennità parametrata sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR e corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

Ed infine condannare il datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali.

I casi per cui non si può licenziare sono il:

  • licenziamento discriminatorio;
  • licenziamento effettuato in un periodo seguente o connesso alla maternità o al matrimonio.

=> La tempistica del licenziamento disciplinare 

Per quanto riguarda il licenziamento discriminatorio, ne fanno parte tutti quei casi con motivo di carattere politico, razziale, religioso, di lingua, di sesso o di orientamento sessuale. 

Nel caso di licenziamento collegato a maternità o matrimonio, si intende tutti quei licenziamenti che avvengono dopo le assenze giustificate per maternità o matrimonio.