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Permessi di lavoro retribuiti per assistenza e malattia

di Anna Fabi

11 Luglio 2023 08:48

Come e quando si possono richiedere permessi di lavoro, anche prolungati e retribuiti, per assistere familiari malati o per altri motivi personali.

Il dipendente del  pubblico o del privato ha diritto a una serie di permessi di lavoro giustificati e di  periodi di assenza retribuiti o non, più o meno brevi.

Di seguito, una panoramica completa per ciascun caso.

Permesso speciale di 3 giorni

Il lavoratore ha diritto a 3 giorni di permesso retribuiti nel corso di un anno per motivi specifici come il decesso o grave infermità del coniuge (anche se legalmente separato) e del parente entro il secondo grado, anche se non convivente.

Possono essere utilizzati entro 7 giorni dall’evento che motiva la richiesta, ma se si può concordare la fruizione frazionata.

Nel caso di decesso del coniuge o di un parente il lavoratore deve presentare una dichiarazione sostitutiva, mentre in caso di grave infermità la certificazione sanitaria di un medico del SSN, da presentare entro 5 giorni dal rientro al lavoro.

Nel computo non rientrano le festività e i giorni non lavorativi. Sono cumulabili con i permessi della Legge 104.

Possono esserci anche motivi personali particolari (non specificati) che spingono il lavoratore a chiedere il permesso: si rimette alla discrezionalità del datore di lavoro valutarne le legittimità.

Permessi biennali

I congedi biennali retribuiti sono stati disciplinati inizialmente dalla Legge n. 388/2000 che ha previsto questa possibilità per i genitori di persone con grave handicap. In seguito il decreto n. 119 /2001 ha fissato ulteriori condizioni. Da ultimo la sentenza della Corte Costituzionale (18 luglio 2013, n. 203) ha allargato la platea dei beneficiari:

  • coniuge convivente della persona disabile (non ricoverato a tempo pieno);
  • padre o madre, anche adottivi o affidatari, del disabile in caso di mancanza (assenza, divorzio, separazione legale o abbandono), decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente (la convivenza deve essere accertata);
  • uno dei figli (fratelli o sorelle) conviventi della persona disabile, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • un parente o affine di terzo grado convivente del disabile nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

L’INPS ha precisato che il familiare del lavoratore disabile può beneficiare del congedo biennale retribuito a parte dello stesso disabile (messaggio n. 24705 del 30/12/2001).

Al lavoratore viene erogata, per  il periodo del congedo straordinario (coperto da contribuzione figurativa), un’indennità che corrisponde all’ultima retribuzione. A corrisponderla è il datore di lavoro che la anticipa e poi la detrae dai contributi previdenziali che versa all’INPS.

Durante il periodo di congedo non si maturano ferie, tredicesima e TFR.

Il congedo non può superare la durata totale di due anni per ogni persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa.

L’INPS ha di recente inserito anche una funzione di rinuncia, raggiungibile onlin e sul sito web dell’Istituto di Previdenza, seguendo il percorso:  “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati” > “Congedi”, e selezionando la voce di menu “Comunicazione di variazione”, dopo avere effettuato l’autenticazione tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di Livello 2, CNS (Carta Nazionale dei Servizi) o CIE (Carta di Identità Elettronica).

Serve a rinunciare, in tutto o in parte, al periodo richiesto in una domanda già presentata.

Le variazioni possono essere consultate dalla voce di menu “Consultazione domande” e annullate da “Annullamento domande” (entro due giorni dalla data di presentazione).

Congedo parentale per malattia del figlio

Il D.Lgs. 151/2001, agli art. 47 e segg. disciplina il congedo parentale per malattia del figlio, fino ai 3 anni di età del bambino in caso di grave malattia, per entrambi i genitori alternativamente. Fino agli 8 anni, invece, ciascun genitore può assentarsi a turno per 5 giorni l’anno. In caso di adozione, il congedo può essere prolungato fino ai 6 anni (fino ai 12, è fruibile per i primi tre anni di adozione o affidamento).

Questi congedi non sono soggetti a visite fiscali e il datore di lavoro deve obbligatoriamente concederli.

La malattia deve essere documentata con invio telematico all’INPS e al datore di lavoro. Durante il congedo si matura la retribuzione ed anche i contributi previdenziali ai fini pensionistici ma non le ferie né la tredicesima.

Permessi non retribuiti

È possibile fruire del congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari (Legge 53/2000). Il congedo può essere richiesto dal dipendente pubblico o privato, è pari a due anni nell’arco della vita lavorativa e può essere utilizzato anche in modo frazionato.

Durante tale periodo conserva il posto di lavoro ma non il diritto alla retribuzione, né può svolgere alcun tipo di attività lavorativa.

I gravi motivi per cui è richiesto il congedo sono (Decreto Ministeriale 278/2000):

  • necessità derivanti dal decesso di un familiare;
  • situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell’assistenza di familiari;
  • situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo.

=> Congedi lavoro: quando serve il permesso?

Sono inoltre considerate “gravi motivi” le situazioni, escluse quelle che riguardano direttamente il lavoratore richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:

  • patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale (incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche);
  • patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
  • patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
  • patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richieda il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale.

Questi motivi devono riguardare: coniuge, figli anche adottivi, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle anche non conviventi, portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado. Il congedo può essere richiesto anche per i componenti della famiglia anagrafica indipendentemente dal grado di parentela, quindi anche in caso di famiglia di fatto.

Richiesta del permesso

Occorre allegare la certificazione rilasciata da un medico specialista del SSN o convenzionato. La domanda si presenta tramite autocertificazione al datore di lavoro che, entro 10 giorni, deve dare l’esito della richiesta potendo anche rigettarla. Occorre però motivare il diniego sulla base di ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente, che può anche fare una nuova richiesta nei successivi 20 giorni.