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Innovazione imprese, le sfide 2020

di Anna Fabi

Pubblicato 4 Dicembre 2019
Aggiornato 31 Gennaio 2020 14:44

Crescono gli investimenti in tecnologia ma servono più stimoli verso open innovation e open company, focus sui nuovi manager dell'innovazione: ricerca Osservatori PoliMi.

Non solo tecnologie: gli investimenti in macchinari e software digitali da parte delle imprese italiane continuano a crescere (anche se le PMI restano indietro rispetto alle big), ma le imprese percorrono anche altre strade, come l’open innovation, nuove organizzazioni del lavoro, introduzione dell’innovation manager.

In base alla ricerca degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano dedicata a “Innovazione Digitale 2020: imprese e startup verso l’open company“, il budget ICT 2020 nelle imprese italiane aumenterà in media fra il 2,8% e il 2,9%, e nelle grandi imprese sono molti frequenti le esperienze di open innovation (iniziative avviate nel 73% dei casi) e si sta affermando al figura dell’innovation manager (30%).

Fra le PMI, le percentuali cambiano: open innovation limitata al 28%, intenzione di introdurre l’innovation manager sfruttando anche gli incentivi governativi all’11%.

Anche sul fronte degli investimenti c’è uno scarto fra le aziende di piccole e medie dimensioni e le grandi: queste ultime prevedono di incrementare gli investimenti in Ict nel 45%, le PMI si fermano al 23%.

Differenze anche sul fronte delle tecnologie, con le realtà di grandi dimensioni concentrate in particolare su Big Data Analytics, Cyber Security e sistemi ERP (gestionali), e le PMI che invece puntano maggiormente su ERP, CRM (relazione clienti) e Mobile Business. In tutti i casi, non sono considerati prioritari gli investimenti in intelligenza artificiale, machine learning, che nelle PMI sono addirittura in fondo alle priorità di spesa, e sul podio non ci sono nemmeno gli investimenti Industria 4.0.

Per quanto riguarda l’open innovation, nelle grandi imprese come detto sono stati attivati progetti nel 73% dei casi, e il 35% collabora con start up innovative, mentre i dati si attestano rispettivamente al 28% e al 4% fra le PMI.

In generale prevalgono comunque fonti di innovazione tradizionale (management, società di consulenza), mentre è più raro il ricorso a nuovi interlocutori (società di ricerca, università, startup, altre imprese).

Emergono nuovi modelli organizzativi, che insieme alla ricerca di competenze adeguate sono una priorità per il 50% delle imprese. Più di un’impresa su tre prevede team dedicati a ogni specifico progetto di innovazione digitale (36%), nel 9% dei casi ci sono “comitati interfunzionali” e un terzo delle imprese (33%) ha inserito un singolo ruolo dedicato o una Direzione innovazione.

E ancora: quasi sette grandi imprese su dieci si stanno attivando con stili di leadership indirizzati al change management da parte dei manager (43%), formazione (40%), percorsi di apprendimento per stimolare l’innovatività dei dipendenti (30%), contest e hackathon interni (26%) e attività con startup (10%).

Infine, l’innovation manager, che nelle grandi aziende è presente in un caso su tre (ma in genere, al massimo da tre anni). Ci sono in questo senso i voucher innovation manager previsti dalla manovra 2019, e ora operativi, ma le imprese li conoscono poco (37% fra le big e 32% fra le PMI), e solo l’11% delle piccole e medie aziende (a cui sono dedicati gli incentivi) prevede di utilizzarli. nel cso in cui vi stiate chiedono qual differenza c’è fra il tradizionale direttore tecnico, o Cto (chief tecnology officer) e l’innovation manager, queste le mansioni fondamentali in base a ciò che emerge dalla ricerca: valutare e selezionare nuove opportunità di innovazione di potenziali partner come startup e centri di ricerca, gestire il portafoglio dei progetti di innovazione e il relativo budget, favorire il cambiamento culturale, introdurre nuovi modelli organizzativi.

Competenze: leadership, capacità di motivare e ispirare i collaboratori, change management. Retribuzione annua, tra i 60mila e i 100mila euro annui, con picchi oltre i 150mila euro.

«Le imprese agiscono sulla propria organizzazione per migliorare la capacità di innovare, di guardare all’esterno, ma anche di comunicare all’interno, poiché questo appare oggi lo scoglio più difficile da superare» afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence, secondo cui l’innovation manager deve soprattutto «intercettare nuove opportunità, sviluppare talenti nascosti e spingere instancabilmente per un radicale cambiamento culturale e di mentalità, diffondendo un modello in cui ognuno sia imprenditore e contribuisca all’innovazione».

Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy, aggiunge che le imprese devono accogliere l’opportunità della trasformazione digitale spiegando verso il modello dell’open company, che significa « un’organizzazione agile e inclusiva, capace di ingaggiare l’intera popolazione aziendale, aprendosi agli stimoli provenienti da un ecosistema eterogeneo e in trasformazione».