Confindustria: ricetta anti-crisi contro i fallimenti

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 6 Giugno 2013
Aggiornato 17 Giugno 2013 07:50

Continua la crisi economica e il rischio di fallimento per le imprese italiane: l'allarme di Confindustria e il Progetto per l’Italia con i cinque punti chiave per la ripresa.

Il continuo perdurare della crisi economica sta mettendo a dura prova il tessuto produttivo italiano: negli ultimi quattro anni (2009-2012) hanno chiuso i battenti ben 54.474 imprese (19,3% del totale) e hanno perso lavoro 540 mila persone.

Dal 2007 al 2012 il numero delle imprese manifatturiere si è ridotto del -8,3% pari a 32 mila imprese, soprattutto PMI. La crisi ha distrutto il 15% del potenziale manifatturiero italiano.

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È la denuncia del Centro Studi di Confindustria, giunta per voce del vice presidente Fulvio Conti.

Insieme all’allarme gli industriali hanno anche rilanciato il Progetto per l’Italia, evidenziando quelle che sono le cinque priorità sulle quali lavorare per avviare la ripresa economica:

  • semplificazioni;
  • riduzione dei costi per le imprese;
  • pagamenti dalle PA e credito alle imprese;
  • mercato del lavoro, con focus sui giovani;
  • detassazione degli investimenti in ricerca e innovazione.

È necessario intervenire subito per invertire la rotta per non rischiare «ulteriori defezioni», spiega il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Si tratta di misure che «un Governo responsabile dovrebbe tradurre tempestivamente in linee d’azione», incalza Conti.

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Tornando all’allarme sui fallimenti delle imprese, è inoltre assolutamente necessario risolvere il problema del credit crunch, ovvero della drastica riduzione dei prestiti bancari alle imprese che incrementa il rischio di fallimento anche per le imprese sane. Una situazione che costringerà le aziende a fare ricorso alle emissioni obbligazionarie.

I prestiti risultano in calo soprattutto nell’industria (-26miliardi di euro tra il 2011 e il 2013), nelle costruzioni (-9 miliardi) e nelle attività immobiliari e professionali (-14 miliardi). Va meglio per commercio, trasporto e comunicazioni (-2 miliardi).